Per conciliare la scuola in questa seconda ondata di coronavirus, la didattica a distanza sembra rimanere nuovamente la miglior soluzione per salvaguardare la salute di alunni e cittadini. La scuola però non è solo studio, ma è anche fatta di rapporti umani come la socializzazione con i compagni di classe e gli insegnati. Proprio per questo, per nostalgia di quei momenti di gioventù rubati dalla pandemia, c’è chi non vuole proprio arrendersi ad abbandonarla. E se aule e banchi non sono frequentabili, non rimane che l’esterno dell’edificio. È la piccola battaglia che stanno combattendo due 12enni della scuola media Italo Calvino di Torino. Ogni giorno Anita e Lisa si siedono su banchi fuori dall’istituto e con libri, quaderni e tablet studiano provando a mantenere ciò che era la loro quotidianità.
La telefonata, che è durata una ventina di minuti, è arrivata intorno a mezzogiorno, quando la ragazza aveva già riposto libri e tablet nello zaino ed era tornata a casa, accompagnata dalla madre che la sostiene in questa battaglia. “Ho due figli e sono convinta che entrambe le scuole che frequentano siano luoghi sicuri”, ha detto la mamma di Anita alla ministra Azzolina, chiedendole “di continuare a lottare per le scuole aperte”.
“Alla ministra ho detto che la scuola è un posto sicuro e io voglio tornarci – ha aggiunto la ragazza – Frequentare le lezioni in presenza è un nostro diritto. Continuerò a seguire le lezioni davanti alla Calvinò”. L’esempio di Anita è stato raccolto anche da alcuni altri compagni della scuola torinese, che fa parte dell’Istituto comprensivo Tommaseo, ma sono molte le scuole che in questi giorni vedono moltiplicarsi i ragazzi che seguono le lezioni di didattica distanza per protesta fuori dal portone degli istituti.
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