Nella Repubblica Democratica del Congo, circa 40.000 bambini sono costretti a lavorare nelle miniere di cobalto senza protezioni, esposti a suoli tossici e acque acide. Questo cobalto è essenziale per le batterie agli ioni di litio utilizzate in auto elettriche, telefoni cellulari e computer. I bambini, pagati poco o nulla, lavorano 12 ore al giorno trasportando sacchi pesanti e rischiando la salute e la vita. Scavano nella terra a mani nude, trasportano sacchi che pesano fra i 20 e i 40 chili (più di molti di loro), si ammalano – o si ammaleranno, rischiano la vita quotidianamente per soddisfare le nostre esigenze: per il “green”, per rendere sempre più tecnologica la “civiltà” occidentale, per il profitto delle multinazionali.
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La situazione dei bambini-schiavi nelle miniere di cobalto del Congo rappresenta una vergogna globale. Nonostante numerose petizioni, appelli da parte di organizzazioni come Amnesty International e persino dal Papa, lo sfruttamento continua. I bambini lavorano in condizioni disumane perché costano poco e non possono ribellarsi, alimentando la produzione di tecnologie avanzate a basso costo. Questa realtà persiste nell’indifferenza generale, nonostante le richieste di porre fine a questa forma di schiavitù moderna.
Possono anche ammalarsi e morire, perché non ci sono sindacati che li difendono e le associazioni umanitarie possono fare ben poco. Gli smartphone e le batterie delle auto elettriche dipendono dallo sfruttamento di questi piccoli innocenti. Il profitto delle multinazionali, anche. E noi ci voltiamo dall’altra parte. Parliamo di “sostenibilità del Pianeta”, di auto e mezzi elettrici, i nostri governanti ci vogliono imporre regole sempre più stringenti, spese sempre più alte, obblighi sempre più odiosi. I nuovi schiavisti li abbiamo davanti. E attenzione, perché ci somigliano. L’importante è parlarne il meno possibile. E far finta di non sapere.