Da martedì 29 aprile sono entrati in vigore i nuovi limiti di emissione elettromagnetica per le reti di telefonia cellulare, sebbene le criticità non si siano placate. L’obiettivo di queste nuove disposizioni è quello di “favorire lo sviluppo della 5G economy italiana con reti altamente performanti in grado di rafforzare la competitività del sistema Paese”, come dichiara la nota ufficiale del ministero delle Imprese e del made in Italy. Questi limiti erano stati formalizzati a gennaio con il Decreto legge Concorrenza. L’adeguamento è stato richiesto dagli operatori che desiderano proporre tariffe con il 5G, visto che l’Italia aveva limiti più stringenti rispetto agli altri Paesi. Le nuove disposizioni prevedono un aumento dei limiti di emissione elettromagnetica a 15 V/m, consentendo ai gestori di modificare le proprie reti per adeguarle a questi standard. Il tempo massimo per l’adeguamento è di 120 giorni dall’entrata in vigore della legge. In precedenza, il limite era di 6 V/m.
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Cosa cambia
Se da una parte l’aumento dei limiti comporterà un’espansione della copertura e un miglioramento delle velocità di connessione, portando benefici tangibili alla qualità delle reti cellulari nel Paese, dall’altra parte ci sono preoccupazioni per possibili rischi per la salute. L’anno scorso diverse associazioni come Legambiente e Codacons, insieme a forze politiche come Pd, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra, avevano espresso dubbi riguardo l’aumento delle emissioni, considerandolo rischioso per il benessere della collettività.
La denuncia: rischi per la salute
“Si baratta la salute dei cittadini con gli interessi delle società delle telecomunicazioni, le uniche che otterranno vantaggi economici dall’innalzamento dei limiti”, affermava il Codacons. Secondo Luana Zanella di Alleanza Verdi Sinistra, “una soglia assunta senza alcun fondamento scientifico, ma solo per agevolare imprenditori poco lungimiranti che rifiutano di investire e adeguare gli impianti. In definitiva questa è la ricetta della premier Meloni: più inquinamento ovunque, in barba al futuro”. Anche Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha criticato l’aumento dei limiti: “Non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquistato le licenze per il 5G, risparmiare sui costi delle infrastrutture”.
In alcuni luoghi, come a Lavagna in provincia di Genova, si è passati dalle parole ai fatti. Il sindaco, Gian Alberto Mangiante, ha emesso una ordinanza che vieta su tutto il territorio comunale “qualsivoglia aumento dei limiti dei campi elettromagnetici ad oggi vigenti pari a 6 V/m e che nessuna ragione tecnica, tecnologica o economica potrà giustificare un aumento di tale limite con rischio alla salute per la popolazione”. Attualmente, il 62% dei siti nelle aree urbane non è in grado di essere aggiornato al 5G a causa dei limiti di emissione, comportando costi aggiuntivi stimati intorno a 1,3 miliardi di euro per operatore per estendere la copertura 5G.