Le truppe russe si ritireranno dalla città di Kherson, centro strategico nel sud dell’Ucraina, per “riorganizzare la difesa” del fronte nella regione sulla sponda opposta del fiume Dnipro, che lambisce la città: ad annunciarlo è il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu che, stando a quanto riferisce l’agenzia filo governativa Ria Novosti, ha accolto una proposta in questo senso del comandante del gruppo congiunto delle forze russe Sergei Surovikin.
Quest’ultimo dirigente dell’esercito ha motivato la decisione, definita “molto difficile” con il fatto che “Kherson e gli insediamenti adiacenti non possono essere completamente riforniti e messi nelle condizioni di funzionare mentre la vita delle persone presenti sul campo è costantemente in pericolo”.
Surovikin non ha indicato una data precisa per la manovra delle truppe russe, affermando che l’operazione avverrà “nel prossimo futuro”. Il militare ha annunciato che circa 115mila persone sono state evacuate dalla regione.
La ritirata russa può essere letta come una conseguenza dell’avanzata della controffensiva ucraina. Kherson, che prima dell’inizio del conflitto, lo scorso febbraio, contava su una popolazione di circa 380mila persone, è situata a poco meno di 90 chilometri dalla Crimea, penisola sul Mar Nero dall’altro valore strategico nonché territorio annesso unilateralmente dalla Russia nel 2014. Poche ore prima dell’annuncio di Shoigu fonti russe avevano reso noto che il vice governatore filo russo della regione di Kherson, Kirill Stremousov, era rimasto ucciso in un incidente d’auto.
“La Russia non ha mai rifiutato di condurre negoziati con l’Ucraina ed è ancora pronta a tenerli, tenendo in considerazione la realtà emergente”: questo quanto ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, stando a quanto si legge sull’agenzia russa Tass.
Zakharova ha quindi contestato il governo tedesco, accusando Berlino di aver preferito dare armi all’Ucraina “per proseguire la guerra ad ogni costo” piuttosto che “spingere Kiev verso i negoziati sfruttando la propria influenza” su quel governo. E questo “sebbene le sue stesse leggi e regolamenti proibiscano di esportare armamenti letali in zone di crisi e conflitti armati”.
Il Cremlino interviene anche a pochi giorni da alcune indiscrezioni sui rapporti tra Washington e Kiev diffuse dal Washington Post. La testata sostiene che l’amministrazione Biden in privato starebbe facendo pressioni sul governo del presidente Volodymyr Zelensky affinché “si mostri aperto al dialogo con Mosca” e cita “persone informate sui fatti”. L’obiettivo però, avrebbero chiarito le stesse fonti, “non è portare Kiev al tavolo dei negoziati bensì si tratterebbe di un tentativo calcolato di assicurare che il governo di Kiev mantenga il sostegno di altre nazioni che si trovano a fare i conti con un elettorato critico verso quella politica che potrebbe alimentare una guerra per molti anni a venire”. La testata continua osservando che tali discussioni potrebbero essere indice delle “crescenti difficoltà” che la Casa bianca sta incontrando sul dossier Ucraina, dal momento che “Washington ha pubblicamente dichiarato di fornire a Kiev ingenti somme di aiuti ‘per tutto il tempo necessario’, sperando in una risoluzione del conflitto che negli ultimi otto mesi ha avuto un impatto negativo sull’economia mondiale e ha innescato i timori di una guerra nucleare”.
(Fonte: Dire.it)