È scontro totale nel Movimento 5 Stelle tra i fedelissimi di Giuseppe Conte e gli scissionisti legati a Luigi Di Maio. Secondo quanto riporta Repubblica, il Movimento sta preparando nuove regole per gli eletti e per gli ex parlamentari. Chi non risulta più iscritto dovrà restituire i 30mila euro di trattamento di fine mandato. Sarebbero previste anche non meglio precisate “azioni di recupero”. Il leader pentastellato Conte lancia così una nuova sfida al suo rivale, l’ex ministro degli Esteri Di Maio.
Dopo la drammatica rottura avvenuta nel M5S, con la scissione proclamata da Di Maio poco prima della caduta del governo Draghi, era inevitabile che lo scontro con Giuseppe Conte dovesse portare conseguenze spiacevoli. Come appena accennato, infatti, i vertici del Movimento targato Conte stanno preparando le nuove regole sul trattamento economico di parlamentari ed ex onorevoli. E, secondo Repubblica, nelle bozze spunta una clausola che riguarda deputati e senatori non più iscritti al M5S, come appunto i dimaiani.
A fare gola è il cosiddetto trattamento di fine mandato riservato ai parlamentari. Un gruzzoletto di circa 45mila euro destinato agli onorevoli giunti a fine legislatura e non rieletti. Secondo quanto si apprende, chi è rimasto nel movimento senza rientrare in Parlamento, come nel caso di big come Paola Taverna, Roberto Fico e Vito Crimi, dovrebbe restituire soltanto il 20% del bonifico ricevuto. Discorso diverso però per chi ha deciso di mollare il M5S. In questo caso si potranno trattenere non più di 15mila euro, mentre tutti gli altri dovrebbero finire nelle casse grilline.
Non solo Di Maio dunque, ma anche esponenti ex grillini come Lucia Azzolina e Sergio Battelli dovrebbero restituire buona parte del loro trattamento di fine mandato. Proprio l’ex ministro degli Esteri, interpellato sulla questione, fa sapere di “non avere ricevuto alcuna somma relativa al Ttfr” e che quando ciò accadrà “comunicherà le modalità con cui aiuterà la collettività”. L’iniziativa dei vertici pentastellati si spiega con il fatto che, rispetto alle scorse legislature, il numero dei parlamentari si è ridotto sensibilmente (oggi sono 80). Sarebbe dunque necessaria una redistribuzione dei fondi per finanziare il partito. E i versamenti a cui i parlamentari sono tenuti rappresentano una bella fetta dell’autofinanziamento del M5S.
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