Altro colpo di scena nell’inchiesta Qatargate. Dopo il marito Francesco Giorgi, anche Eva Kaili avrebbe iniziato a vuotare il sacco di fronte agli inquirenti. Non si tratta però di una confessione in piena regola, visto che per il momento trapela soltanto una frase pronunciata dall’ormai ex presidente del Parlamento europeo. La Kaili ha infatti ammesso di essere a conoscenza di quanto facesse Giuseppe Panzeri, il principale indagato dell’inchiesta. La donna sapeva anche delle “valigie piene di soldi” nascoste in casa tua. Ma secondo i magistrati belgi che conducono l’indagine qualcosa ancora non torna.
“È vero, conoscevo le attività di Mr. Panzeri. E sapevo che a casa mia c’erano delle valigie piene di soldi”, sono queste le parole di Eva Kaili messe a verbale di fronte al magistrato Michel Claise, titolare dell’inchiesta cosiddetta Qatargate. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, inoltre, la Kaili, in seguito all’arresto del marito, “ha tentato di avvertire Panzeri e due eurodeputati della presente inchiesta”.
All’esponente politica socialista greca viene inoltre contestato il fatto “di essere intervenuta a difesa degli interessi del Qatar, avendo incontrato il ministro del Lavoro” del governo di Doha, proprio su richiesta di Panzeri. Lo stesso ex europarlamentare del Pd le “avrebbe impartito ordini per il tramite del marito”, come ad esempio il fatto che “Eva non deve parlare con l’olandese!”, oppure “dille di smettere”.
Ecco perché alla fine i magistrati di Bruxelles hanno deciso di arrestarla, anche se all’inizio la posizione di Eva Kaili sembrava meno pesante. A metterla nei guai sarebbero stati i suoi comportamenti “che hanno causato un grave pregiudizio alla sicurezza”. Insomma, secondo l’accusa, il presunto sistema corruttivo coordinato da Panzeri e Giorgi “rappresenterebbe un certo danno per l’equilibrio della democrazia”.
Ma la versione sostenuta dal legale di Eva Kaili è ovviamente molto diversa. “Il denaro che è stato trovato a casa non le apparteneva, era di suo marito”, dichiara l’avvocato. Ma da quanto emerge dalla ricostruzione fatta dagli inquirenti belgi, e prima ancora dai servizi segreti di Bruxelles, emerge che la ‘banda’ infiltrata nel Parlamento europeo abbia puntato consapevolmente sulla Kaili: “Per sostenere gli interessi del Marocco e del Qatar, Panzeri e Giorgi hanno influenzato le nomine dei membri delle commissioni e anche quella del vicepresidente”. Insomma, l’inchiesta Qatargate, lungi dall’essere chiusa, potrebbe presto riservare nuove sorprese e, soprattutto, far emergere altri nomi di peso dal fango del sistema corruttivo brussellese.
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