Aboubakar Soumahoro protagonista dell’ultima puntata di Dimartedì. Il deputato eletto con l’Alleanza Verdi-Sinistra ha appena annunciato il suo passaggio al Gruppo Misto, in aperta rottura con i leader Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Il conduttore Giovanni Floris lo invita così nello studio di La7 per spiegare la sua posizione. Ma Soumahoro ha la sfortuna di ritrovarsi di fronte il direttore di Libero Alessandro Sallusti. Ne nasce una accesissima discussione.
“Ho subito un linciaggio mediatico. – così si difende Aboubakar Soumahoro intervistato da Il Riformista – È un processo a reti unificate con un dolore e una sofferenza che non auguro a nessuno in questa vita. In questo Paese pesa molto essere neri. Rende tutto molto più complicato e non lo scopriamo oggi”. Poi, ospite di Dimartedì, precisa di aver “ritrovato la mia vita in una betoniera: menzogne, minacce di morte e giornalisti nel cortile di casa con un bambino di tre anni che si svegliava di notte e chiedeva ‘papà, perché?’. Ho comprato quella casa coi proventi di attività lecite, ed anche perché mio figlio non sta bene. – si giustifica il deputato – Le foto di mia moglie con le borse sono di otto anni fa, l’ho conosciuta nel 2018, è una manipolazione. Se una donna si veste bene, ci si chiede ‘chissà che lavoro fa?’”.
“Lei sta prendendo in giro gli italiani. – lo incalza però Sallusti – Il suo problema è che gli italiani non le credono. Se lei se la deve prendere con qualcuno se la deve prendere con chi gliel’ha tirata. Non sono i giornalisti, probabilmente sono suoi compagni di lavoro o di area politica. Lei ha ricostruito tutta questa storia in una maniera talmente incredibile che o veramente siamo di fronte a una storia unica oppure lei ci sta prendendo in giro, politicamente e culturalmente parlando, non dico giudiziariamente”, attacca il direttore di Libero.
“Lei prima di fare l’onorevole che lavoro faceva?”, domanda polemicamente Sallusti a Soumahoro. “Io facevo il bracciante, ho lavorato in quei luoghi…Ho fatto mille lavori: il muratore, il bracciante, lo zappatore, il benzinaio”, replica deciso il suo interlocutore. “Guardi il benzinaio l’ho fatto anche io, il fattorino…Non è l’unico in Italia che lavora. Lei ha fatto anche il sindacalista delle cooperative che gestivano gli immigrati, o sbaglio?”, lo inchioda però Sallusti.
“Io ho lottato per i facchini, le Partite Iva, i braccianti, gli ambulanti”, prova a difendersi Soumahoro. “Io le dico questo. – insiste Sallusti – Se sua suocera e sua moglie si fossero occupate di vendita di auto o di moda, lei faceva un altro lavoro e può dire: ‘Non so cosa succedeva nelle loro cooperative’. Lei invece lavorava nel loro stesso mondo”. Ma Soumahoro non retrocede: “Per chi ha la mia storia, per chi nasce per strada, sa che c’è solo una regola: rettitudine morale, la parola data va onorata sempre. Da dirigente del sindacato nazionale mi sono occupato di lavoratori della logistica, non neri e immigrati. Punto e basta”.
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