Tutti si chiedono come abbia fatto Matteo Messina Denaro a passare inosservato per 30 anni, nonostante si nascondesse ancora nella sua terra di origine e non avesse modificato i suoi connotati. Se lo sta sicuramente domandando anche un addetto all’accoglienza dei pazienti oncologici della clinica La Maddalena che, intervistato da Repubblica, racconta alcuni particolari incredibili della sua conoscenza con il boss corleonese. L’uomo vuole però rimanere comprensibilmente anonimo.
Erano circa due anni che Matteo Messina Denaro si recava in quella clinica per sottoporsi prima ad una operazione chirurgica contro un tumore al colon e poi per effettuare cicli di chemioterapia e altre visite specialistiche. Logico che in tutto questo tempo qualcuno abbia scambiato qualche chiacchiera con quell’uomo distinto che amava indossare solo capi firmati e costosissimi. Come nel caso dell’orologio Franck Muller da 35 mila euro che portava al polso al momento dell’arresto.
“Di certo mi ha colpito il suo abbigliamento. – spiega il testimone a Repubblica – Era sempre ben curato. Al collo portava una sciarpa Yves Saint Laurent. Abbiamo iniziato a parlare e, diciamo, siamo entrati in confidenza. Ricordo un giorno che venne in clinica con una camicia molto originale. Sul cotone erano dipinte delle angurie. Glielo dissi e lui rispose che valeva 700 euro. Rimasi stordito. Allora lui mi confidò che gli piacevano le cose belle e che poteva permettersele. Parlavamo di moda, era un suo pallino”.
“Gli chiesi che professione svolgesse per permettersi quel tenore di vita. – prosegue l’amico improvvisato di Matteo Messina Denaro – Lui mi rispose che era un pensionato ma che se la passava bene. Io ho pensato che chissà chi era, ma certo non ho mai sospettato che mi trovavo davanti al latitante più ricercato d’Italia, Mi aggiunse che uno dei suoi negozi preferiti era ‘Giglio In’ in viale Libertà. Era lì, mi disse, che lui andava per comprare i suoi abiti. Io non posso certo permettermelo”.
“Lui a un certo punto, siamo nel 2021, mi iniziò a dire che era stanco, che non ce la faceva più a vivere così. – continua il racconto – Si era aggravato. Rileggo quelle frasi, adesso, sotto un’altra luce. Forse si riferiva alla sua vita in fuga? Chissà. Non nego che sono scosso perché penso a tutti i crimini che ha commesso. Mai avrei associato quel viso al superlatitante anche se adesso guardando bene le foto, sì è lui. Ma io lo vedevo sempre in mascherina. Era difficile che se la togliesse. E se ripenso che quasi l’ammiravo per quell’abbigliamento griffato, mi sento in imbarazzo”, conclude.
Potrebbe interessarti anche: Matteo Messina Denaro, perquisito il covo: ecco cosa hanno trovato