Nonostante siano passati tanti anni dall’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto nel novembre del 2007 a Perugia, il caso fa ancora discutere. L’unico colpevole riconosciuto dalla giustizia italiana resta Rudy Guede. Scagionati invece dopo una miriade di processi sia Raffaele Sollecito che Amanda Knox. Ma sulla cittadina americana si concentrano ancora le morbose attenzioni dei media. E così Amanda decide di rilasciare una lunga intervista al sito Free Press in cui rivela anche di aver pensato al suicidio mentre era in carcere.
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L’intervista di Amanda Knox
“Anche se ora sono libera e si è fatta giustizia sul mio caso, anche se adesso sono una madre e una moglie felice, sto ancora camminando sulla corda. – confessa Amanda Knox – E come tutti quelli che hanno guardato nell’abisso, così come ho fatto io, conosco bene quello strano senso di sconforto per portarne sempre un pezzo dentro di me. L’accusa era basta su una dichiarazione forzata che la polizia mi ha costretto a firmare dopo 53 ore di interrogatorio in una lingua straniera e senza un avvocato, dopo essere stata privata del sonno e maltrattata”, accusa la ragazza che ha trascorso diverso tempo in carcere, pensando anche al suicidio.
“Rudy Guede aveva lasciato le sue impronte e il suo Dna su tutta la scena del crimine e sul corpo di Meredith. – questa la versione di Amanda Knox del delitto di Perugia – Mentre non è stata trovata una sola traccia di me in quella stanza e non mi sarebbe stato possibile partecipare a quella lotta violenta e sanguinosa senza lasciare nemmeno un segno. La parola colpevole riecheggiava nella mia testa. Ho sentito una guardia dire a un’altra: ‘Poverina. Lei non capisce cosa sia appena successo’”, così ricorda il periodo della sua detenzione in carcere.
Amanda Knox: “In carcere ho pensato al suicidio”
“Non ero una turista smarrita nell’attesa di tornare a casa. Ero un prigioniero e la prigione era la mia casa. – prosegue Amanda Knox – La condanna, la sentenza, la prigione: questa era la mia vita. Non c’era altra vita che avrei dovuto vivere. Ero in carcere per un crimine che non avevo commesso, sarei stata rinchiusa per i migliori anni della mia esistenza. Non mi sarei più innamorata, non avrei avuto figli, una famiglia e neppure un lavoro e una carriera. Ero sola con me stessa. Non importa quanto fosse meschino, crudele, triste e ingiusto il mio destino: quelli erano i giorni che mi aspettavano, quello era il mio destino. E io non potevo fare altro che cercare di dargli un senso”. Infine, la rivelazione di aver pensato al suicidio, immaginato in ogni particolare: sognando di ingoiare i frammenti di una penna, bere la candeggina o tagliarsi i polsi sotto la doccia. Ma poi fortunatamente non ha messo in atto il suo terribile proposito.
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