“Quanto mi fa godere la Cassazione francese…”. Suscitano indignazione le parole scritte su Facebook dal terrorista Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, dopo che il tribunale di Parigi ha confermato il no all’estradizione per dieci terroristi degli anni di piombo che da tempo vivono oltralpe. Si tratta di ex militanti di gruppi terroristici, in gran parte legati alle Brigate Rosse o ad altre associazioni sovversive, per i quali l’Italia richiede – purtroppo invano – l’estradizione perché condannati in via definitiva per atti terroristici.
Tra questi dieci, oltre a Galmozzi, ci sono anche Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, e le due ex brigatiste Marina Petrella e Roberta Cappelli. Già lo scorso giugno il tribunale francese aveva detto no all’estradizione e oggi la Cassazione ha confermato definitivamente la decisione della Corte d’Appello di Parigi. “Sono integrati professionalmente e socialmente – si legge nella sentenza -. Estradarli violerebbe in modo sproporzionato il diritto al rispetto di vita privata e familiare”. Come se invece il diritto alla giustizia per le vittime di questi assassini, che di vite privati e familiari ne hanno distrutte tante, non contasse nulla.
Galmozzi non è nuovo a vergognose esternazioni di questo tenore sui social. Quattro anni fa, quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno, il terrorista lo minacciò attaccandolo pubblicamente. Ma su Facebook Galmozzi è solito anche inneggiare al suo passato di terrorista: un nostalgico della lotta armata che la Francia vieta di punire per i suoi molteplici reati.