È passata da poco la mezzanotte di mercoledì 5 marzo, quando alla centrale operativa dei carabinieri di Alessandria, in Piemonte, arriva una telefonata drammatica di una donna che minaccia di suicidarsi. L’aspirante suicida dice di aver appena chiuso una videochiamata con la figlia e di trovarsi seduta in equilibrio precario sul parapetto del ponte Meier. A quel punto scattano immediatamente i soccorsi e una volante dell’Arma giunge sul posto. Il racconto di quanto accaduto fatto dal carabiniere (vicebrigadiere) Salvatore Germanà lascia con il fiato sospeso.
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Alessandria, aspirante suicida sul ponte Meier
Quando la pattuglia dei carabinieri è giunta nei pressi del ponte Meier di Alessandria, la donna è seduta su una delle travi trasversali che collegano le due piattaforme carrabili del ponte, dopo aver scavalcato una ringhiera di protezione. Il primo a scavalcare quella ringhiera e a mettersi sulla stessa trave dell’aspirante suicida è appunto Germanà. “È durata mezz’ora ma lì sopra è sembrata un’eternità. – racconta – Un carabiniere sceglie questo lavoro per passione. Una cosa così però ti fa sentire utile in un senso ancora più profondo. Porto con me la gioia di essere stato utile a una donna in un momento di difficoltà”.
Il racconto del carabiniere
“Sono riuscito ad avvicinarmi poco per volta, abbiamo parlato tanto, ho cercato di farle capire prima di tutto che, anche se avevo qualche anno più di lei, conoscevo bene le fragilità, ne ho io stesso, e condividendo le nostre debolezze sono riuscito a convincerla a fidarsi di me. – prosegue il ricordo del carabiniere di questa brutta avventura vissuta sul ponte Meier di Alessandria – In questo lavoro ho la fortuna di avere a che fare con un sacco di giovani, vedo crescere queste generazioni e mi capita spesso di confrontarmi con i ragazzi. Ho usato, l’altra sera, tutto quello che ho imparato nei miei anni di servizio”.
“Abbiamo parlato di tante cose. Di musica per esempio. Di quello che le piace fare. – aggiunge il carabiniere ancora emozionato – Non ho mai accennato, nemmeno una volta al fatto che eravamo sul ponte Meier ad un’altezza tale da essere pericoloso, non le ho mai detto che non doveva buttarsi. Ho capito che era finita quando la ragazza si è avvicinata alla balaustra e i colleghi l’hanno sollevata di peso e riportata al sicuro. Ecco questo è importante: io ho fatto quel che ho fatto, ma con me c’era una squadra di uomini, i colleghi con cui lavoro tutti i giorni, i vigili del fuoco e il medico del 118 che lavoravano alle mie spalle per garantire la massima sicurezza perché non potevo essere io, da solo, l’unica ancora di salvezza per la vita di quella ragazza. A mente fredda non so se l’avrei fatto, ma in quella situazione mi è sembrata l’unica cosa da fare”, conclude.
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