Il Governo non elimina il Reddito di cittadinanza, metà dei percettori continuerà a riceverlo. Anzi, Meloni fa una clamorosa retromarcia. Sulla platea totale di 404 mila aventi diritto, 191 mila sono stati riconosciuti come inoccupabili. Gli altri riceveranno un’indennità sostitutiva. L’angoscia della copertura finanziaria: le misure saranno coperte con le risorse per l’assunzione di giovani e donne, a loro volta coperte con fondi del Pnrr.
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Metà dei percettori del Reddito di cittadinanza non lo perdono
Clamorosa scelta del Governo, non elimina il Reddito di cittadinanza. La Legge di Bilancio considera “occupabili” 404 mila beneficiari del reddito. Questi avrebbero dovuto perdere il sussidio entro il primo agosto. Ma le valutazioni compiute in questi mesi hanno portato a stabilire che quasi la metà del totale, 191 mila cittadini, non possono lavorare. Per questo motivo non perderanno il beneficio. La restante metà continuerà a ricevere un indennità sostitutiva dal 1 agosto al 31 dicembre. Questo dietrofront, ampiamente prevedibile, ma troppo propagandabile, produrrà 660 milioni di debito non preventivato. Da dove saranno recuperati i soldi per mantenere la misura? Dai fondi per l’occupazione dei giovani e delle donne e da quelli che “avanzeranno” del Pnrr, sempre che ciò sia ritenuto possibile.
La rivalutazione degli occupabili nel decreto Lavoro
L’errore di valutazione si riflette nella frettolosa correzione della bozza del Decreto Lavoro, cui il governo sta ancora lavorando. La riforma del Reddito di cittadinanza, se n’è parlato molto, prevede la divisione in Gil (Garanzia per l’inclusione) e Gal (Garanzia per l’attivazione lavorativa). È prevista anche la liberalizzazione dei contratti a termine. Ma in seguito alle nuove valutazioni è comparsa anche la sigla “Pal”, Prestazione di accompagnamento al lavoro. Questa misura dovrebbe coprire le necessità di beneficiari del Reddito senza minori, disabili, invalidi, over 60 in famiglia, che perdono il sussidio dal primo agosto. Per questi il ministero del Lavoro doveva attivare percorsi di inserimento al lavoro prima di agosto, così da non lasciarli senza rete. Prevedibilmente, non se n’è fatto nulla. Sarà sostituita dalla Pal da un minimo di 350 euro mensili per quattro mesi, fino a un massimo pari all’importo preso in precedenza col Reddito.
Il problema è che la Pal è una misura prevista solo per i soggetti dichiarati “occupabili”, che hanno sottoscritto il Patto per il lavoro. Dovrebbero essere circa 213 mila persone e impiegare un debito di 276 milioni. I restanti 191mila, come già accennato, sono stati dichiarati “inoccupabili” e “sono stati presi in carico dai servizi sociali”. Anche queste persone, pur non avendo figli minori a carico, o disabili, invalidi oppure over 60 in famiglia, continueranno a ricevere il Reddito fino al 31 dicembre, per una spesa di circa 384 milioni (circa 543 euro al mese).
Il paradosso dell’Rdc coperto dai fondi per l’occupazione
La Pal e il mantenimento dell’Rdc costano un 660 milioni circa. Da trovare prima di agosto. E prima ancora bisognerà capire se sono attivabili le politiche propagandate per gli occupabili che possono essere reinseriti e cosa ne sarà degli altri. Sempre che nel frattempo inflazione e depressione economica non producano altre emergenze. Il governo Meloni aveva previsto di risparmiare un miliardo dal taglio del Reddito. E invece dovrà spenderne il 66%. Fonti governative rivelano a Repubblica il gioco delle tre carte che il governo Meloni metterà in scena per recuperare i fondi necessari.
Il governo sposterà 500 milioni del programma Pon Spao finanziato con il ReactEu (un programma del Pnrr) “e altri 175 milioni avanzati da Garanzia giovani per coprire lo sconto contributivo per assumere under 36 e donne”. Il paradosso dei sussidi per chi non può lavorare coperti sottraendo fondi alle politiche che dovrebbero generare occupazione. La critica alla retromarcia del governo non sta tanto nell’aver mantenuto questa misura e operato in modo così paradossale. La critica riguarda soprattutto il fatto che l’Rdc è fondamentale, perché riguarda una dimensione lavorativa globale. Fare finta di poterne fare a meno e non prevedere una rete sotto il trapezio è il peccato di propaganda di cui si è macchiato, ancora, il governo.
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