Chiara Danieli, una giovane di soli 21 anni di Gavardo, è morta venerdì sera all’Ospedale Civile di Brescia a causa di una malattia sconosciuta che l’aveva costretta a rimanere in ospedale dallo scorso ottobre. Nonostante si fosse risvegliata dopo un lungo periodo di sedazione, il suo fisico era debilitato e indebolito, e non ha retto alla malattia. Chiara era una campionessa di karate e aveva vinto molte medaglie ai campionati italiani, europei e mondiali nelle categorie giovanili con la società sportiva di karate Aishin Dojo di Gavardo.
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Morta la campionessa di karate Chiara Danieli
La salma di Chiara Danieli riposa alla Domus Aurora di Gavardo e sarà possibile visitare la camera ardente martedì e mercoledì. I funerali si terranno giovedì pomeriggio nella chiesa parrocchiale del paese e saranno seguiti dalla sepoltura nel cimitero locale. La famiglia, nel dolore, ringrazia i medici e il personale della Seconda Rianimazione del Civile “per l’assistenza e le premurose cure prestate”.
L’Ad Basket Gavardo, la squadra di cui Simone Danieli, fratello di Chiara, faceva parte, si unisce al cordoglio della famiglia, così come l’Aishin Dojo, la società sportiva di karate di cui Chiara aveva fatto parte per lungo tempo. Chiara Danieli era anche una studentessa universitaria a Verona, dopo essersi diplomata al Lunardi di Brescia. È una notizia triste e dolorosa che ha colpito la comunità di Gavardo e di tutti coloro che conoscevano Chiara Danieli. La sua passione per il karate e il suo coraggio e determinazione resteranno un ricordo indelebile nella memoria di tutti coloro che l’hanno conosciuta.
“La situazione era talmente ingestibile che per evitare che gli attacchi continuassero a ripresentarsi le è stato indotto il coma farmacologico. – racconta il suo maestro di karate Claudio Colombi – Chiara è rimasta sedata per oltre sei mesi. C’erano piccoli segnali incoraggianti che aprivano uno spiraglio. Un saluto alla madre. Una stretta di mano. Poi, bum. Il peggioramento repentino. Il cuore ha ceduto. Un disastro. I medici erano esterrefatti. A lungo si sono confrontati con i colleghi di Londra per venirne a capo e si è sperato fino all’ultimo. Invece niente. Sono stati degli angeli. Le stavano accanto giorno e notte. L’hanno trattata come fosse stata la loro figlia. E questo è l’unico sollievo che la famiglia porta con sé. Ancora non sappiamo di che cosa è morta”.
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