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Stop a Non è l’Arena, la verità di Sandra Amurri: “Cairo dovrà spiegare ai magistrati”

L’improvvisa chiusura di Non è l’Arena fa ancora discutere. Anche perché non si conoscono ancora i veri motivi dello stop imposto da La7 alla trasmissione condotta da Massimo Giletti. Da più parti si ipotizza che ad indurre il patron della rete televisiva Urbano Cairo a dare il benservito al conduttore siano state le troppe puntate dedicate alla mafia e all’arresto di Matteo Messina Denaro. Al momento non ci sono prove che confermino questi sospetti. Ma la ex collaboratrice di Giletti Sandra Amurri punta il dito proprio contro Cairo.
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Giletti Cairo Sandra Amurri

La versione di Sandra Amurri sullo scontro tra Cairo e Giletti

“Non è l’Arena è stata bloccata per le inchieste che stavamo facendo. Questo è sicuro. – rivela Sandra Amurri, ospite di Nicola Porro durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica – Di certo non perché andava male come leggo sui giornali. C’è un’indagine in corso sullo stop al programma. Cairo dovrà spiegare ai magistrati i motivi della chiusura. L’inchiesta c’è. Ma scusa, a te sembra normale chiudere una trasmissione da un’ora all’altra? C’è un’indagine in corso e Cairo dovrà spiegare”, ribadisce la giornalista rivolta al collega.

“Al di là delle ricostruzioni, utili ad ognuno, a sostegno della propria tesi, forse, sarebbe utile parlare dei fatti. – così si era espressa la stessa Sandra Amurri circa un mese fa – Mi chiedo: c’è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete, possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni a Non è l’Arena? E non sia, invece, scaturita dal susseguirsi di inchieste di Giletti su fatti di mafia-politica-servizi deviati-massoneria, già in parte noti, ma prevalentemente, solo agli addetti ai lavori”.

“Fatti che Non è l’Arena ha portato alla conoscenza di un più vasto pubblico che ignorava, ad esempio, la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. – Sandra Amurri si era sfogata senza però nominare Cairo – Il depistaggio Scarantino. La mancata perquisizione della villa di Totò Riina e la mancata cattura di Provenzano alla base della Trattativa Stato-mafia. L’arresto per mafia dell’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì. La volontà di abolire l’ergastolo ostativo e il regime del 41 bis, necessità prioritarie dei boss Graviano. Fino a svelare le debolezze e i vizi del capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Che Massimo Giletti sia il brutto anatroccolo nella cosiddetta ‘compagnia di giro’ o, se si preferisce, del ‘conclave mediatico’ più raffinato, è stato certificato ieri dal silenzio, con cui è stata ignorata l’inedita e dirompente notizia. Fatta eccezione dal Tg La7 di Enrico Mentana”.
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