La scrittrice Michela Murgia ha presentato la sua famiglia queer in un lungo post su Instagram, accompagnato da diverse foto. La scrittrice descrive come la parola più queer in sardo sia “sa sposa/su sposu”, che significa “fidanzata/fidanzato”, ma viene utilizzata anche per rapporti che non hanno a che fare con il fidanzamento, il genere o l’età. Secondo Murgia, l’uso di categorie del linguaggio alternative permette l’inclusione e limita dinamiche di possesso.
La famiglia queer di Michela Murgia comprende il suo futuro marito Lorenzo Terenzi, gli “Fillus de anima”, o figli dell’anima, come li chiama lei stessa, il cantante lirico Francesco Leone, l’attivista Michele Anghileri e tante donne a lei molto legate, come le scrittrici Chiara Valerio e Chiara Tagliaferri. Alcuni vivono con lei, altri no, ma tutti condividono la stessa idea di famiglia.
Murgia afferma che raccontare la sua famiglia queer è diventata una necessità politica in un periodo in cui il governo sembra riconoscere solo un modello di famiglia. La scrittrice continua a celebrare la vita nonostante sia stata colpita da un carcinoma renale al quarto stadio e lotta per la libertà e l’inclusione per i suoi sogni, come quello di avere una casa con dieci letti dove la sua famiglia queer possa vivere insieme.
Murgia conclude dicendo che nella sua queer family non c’è nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni e che l’elezione amorosa va mantenuta primaria, perché nella famiglia tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono. L’uso di categorie del linguaggio alternative, secondo la scrittrice, permette l’inclusione, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire.