Theodore “Ted” Kaczynski, meglio noto come “Unabomber”, è morto all’età di 81 anni in un carcere federale negli Stati Uniti. L’informazione è stata confermata da Kristie Breshears, portavoce dell’Ufficio federale delle prigioni, che ha riferito alla Associated Press il decesso di Kaczynski nella prigione federale di Butner, in North Carolina. La causa della morte non è stata al momento resa nota.
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La vita di Kaczynski è stata, in ogni sua fase, all’insegna della contraddizione e della controversia. Matematico geniale, si è ritirato in una baracca nel Montana dopo gli studi a Harvard, sottraendosi al mondo accademico e iniziando una sinistra campagna di terrorismo che ha sconvolto l’America.
Dal 1978 al 1995, Kaczynski ha inviato pacchi esplosivi a diverse persone, causando la morte di tre individui e ferendo più di venti. Le sue azioni avevano una prevalente connotazione anti-tecnologica e anti-industrialista, come spiegato dallo stesso Kaczynski nel suo Manifesto, conosciuto anche come “Industrial Society and Its Future”, pubblicato dal Washington Post nel 1995.
Kaczynski, arrestato nel 1996 nella sua abitazione nel Montana, era stato condannato a quattro ergastoli più 30 anni senza possibilità di libertà vigilata per i suoi atti di terrorismo. Trasferito nella struttura medica della prigione federale in North Carolina dopo aver trascorso due decenni in una prigione federale di massima sicurezza in Colorado, la Supermax prison di Florence, l’Unabomber ha passato gli ultimi anni della sua vita lontano dal mondo, così come aveva scelto di vivere quando si era ritirato nel Montana.
La figura di Kaczynski resta avvolta nell’aura di un inquietante enigma, un individuo dotato di grande intelligenza ma che ha scelto di utilizzarla per finalità distruttive. Nonostante i suoi studi e la sua preparazione, Kaczynski si è ritirato dal mondo per sferrare attacchi violenti contro di esso, diventando uno dei più noti terroristi nella storia degli Stati Uniti.
La morte di Kaczynski chiude un capitolo scuro nella storia del terrorismo, ma lascia aperte numerose domande sulla psicologia dell’estremismo e sulla tensione tra progresso tecnologico e natura umana. La sua vita serve da monito sul pericolo di una radicalizzazione distorta, che può trasformare menti brillanti in armi di distruzione.