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La missione italiana in Tunisia: per Giorgia Meloni un vero flop

Missione italiana in Tunisia, flop di Meloni. La missione europea in Tunisia si è conclusa senza risultati decisivi. L’incontro è stato guidato dalla presidente del Consiglio, accompagnata da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea e dal primo ministro olandese Mark Rutte. Nonostante il gesto di buona volontà di Bruxelles, che ha accettato di concedere un contributo di liquidità fino a 150 milioni di euro, non sono stati fatti progressi significativi.
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Missione Meloni in Tunisia
Mark Rutte, Ursula von der Leyen, il presidente tunisino Kais Saied, Giorgia Meloni

Le ragioni del fallimento della missione italiana in Tunisia, flop di Meloni

Ecco perché il fallimento della missione italiana in Tunisia, flop di Meloni. La stessa Unione europea ha anche garantito 100 milioni di euro per la gestione dei flussi migratori, fornendo un respiro temporaneo all’economia tunisina in difficoltà. Non è riuscita, però, a sciogliere il nodo relativo al prestito di 1,9 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale alla Tunisia. Il presidente tunisino, Saied, ha dimostrato un’ostilità a impegnarsi a riforme e concessioni sui diritti umani, rendendo il processo più complicato.
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La situazione è ulteriormente complicata dal rifiuto del presidente tunisino, Kais Saied, di accettare condizioni o diktat. Ha infatti richiesto al Fondo monetario internazionale (Fmi) di rivedere le sue condizioni prima di poter raggiungere una soluzione. Di fronte a questo approccio, né il Fmi né Washington sembrano disposti a fornire aiuto finanziario alla Tunisia. La mossa degli europei, orchestrata dalla premier, che prevede la firma di un memorandum d’intesa tra Bruxelles e la Tunisia, sembra quindi insufficiente.

La Tunisia non è collaborativa e “non accetta diktat o imposizioni”

Un aspetto particolare di questa missione è stato il formato atipico dell’incontro, con i giornalisti tenuti lontano dal palazzo. Nonostante le consuete pratiche di permettere un contatto tra i leader occidentali e la stampa, in questo caso, la comunicazione è stata limitata a un comunicato congiunto e messaggi video senza domande.

Saied ha manifestato un atteggiamento poco incline al compromesso, insistendo che la Tunisia non è una “equazione matematica” e che non accetterà di agire da guardie di frontiera per altri paesi. Ha anche respinto l’idea di ospitare migranti in cambio di denaro, definendola “disumana e inaccettabile”. In questo contesto, si prevede difficile raggiungere un risultato positivo in tempi brevi. Nonostante l’intenzione della premier di firmare il memorandum basato su “cinque pilastri” entro il Consiglio europeo del 29-30 giugno, von der Leyen ha ribadito la necessità di un accordo con il Fmi prima di poter mobilitare ulteriori fondi.

Infine, rimane il problema politicamente delicato dei rimpatri, in particolare per la premier. Nel comunicato congiunto si parla del “rimpatrio nel pieno rispetto dei diritti umani”, ma nel memorandum tra Bruxelles e Tunisi non sembra esserci spazio per queste garanzie.

Il nodo dei rimpatri e la questione migratoria

La missione europea in Tunisia è stata contraddistinta da gesti di buona volontà e tentativi di negoziazione, ma le riserve espresse dal presidente tunisino Saied hanno reso il percorso verso un accordo complesso e incerto. La questione migratoria, in particolare, rimane una questione critica e urgente per il governo italiano, che sta pianificando una conferenza internazionale su migrazione e sviluppo a Roma. Il governo considera l’emergenza migratoria talmente allarmante da imporre un patto con Saied, nonostante il costo politico e finanziario che ciò comporta.

Sebbene la prospettiva di ulteriori finanziamenti dall’Ue e dal Fmi sia condizionata dall’accettazione da parte della Tunisia di un piano di riforme, la premier insiste sulla necessità di mantenere separati questi piani, evidenziando l’urgenza di affrontare la crisi migratoria.

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