Il recente intervento del Guardasigilli Carlo Nordio ha causato imbarazzo e preoccupazione per la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Nordio ha attaccato pubblicamente l’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), mettendo a rischio la delicata trattativa avviata con alcuni giudici per posticipare la separazione delle carriere. Questo sabotaggio dell’operazione sotterranea portata avanti da Palazzo Chigi rischia di trasformare la riforma in un conflitto totale nei prossimi mesi.
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È importante sottolineare che il governo difende convintamente il testo approvato giovedì scorso e si è mostrato infastidito dalle critiche di alcuni autorevoli esponenti della magistratura nei confronti della riforma. Alfredo Mantovano, deputato di Fratelli d’Italia, afferma che la riforma rappresenta un primo segnale per ribadire l’indipendenza delle scelte politiche rispetto alle influenze delle correnti della magistratura. Tuttavia, Mantovano implicitamente riconosce che difendere il provvedimento non significa screditare pubblicamente il dialogo con l’Anm, come ha fatto Nordio, che ha negato alla stessa Anm il ruolo di interlocutore. Ciò rischia di irrigidire anche la parte più moderata della magistratura e di compattare le toghe contro il governo.
Meloni, nei colloqui riservati degli ultimi giorni, aveva espressamente chiesto di evitare uno scontro diretto con la magistratura. Aveva incaricato Mantovano, ex magistrato, di tessere in silenzio un dialogo con le correnti più moderate per garantire un confronto controllato senza strappi dannosi. Tuttavia, le dichiarazioni di Nordio hanno vanificato in pochi minuti tutti gli sforzi compiuti. L’imbarazzo di Meloni non riguarda solo lo scontro sulla riforma delle intercettazioni, ma va oltre.
La linea dura scelta da Nordio complica l’azione di Palazzo Chigi anche per quanto riguarda la separazione delle carriere. Meloni non è contraria all’intenzione del governo di presentare un progetto di riforma costituzionale in autunno per separare giudici e pubblici ministeri. Tuttavia, secondo gli emissari dell’esecutivo, l’obiettivo non è accelerare o approvare rapidamente la separazione delle carriere. Questa cautela è dettata dalla necessità di concentrarsi anche sulla battaglia per introdurre il premierato e gestire due referendum costituzionali. Anche se il Terzo Polo dovesse sostenere il governo, non si garantirebbe una maggioranza dei due terzi nel Parlamento.
La prudenza di Meloni non è influenzata dalle richieste della magistratura, ma è dettata dal pragmatismo politico. Tuttavia, Nordio pensa che la separazione delle carriere sia necessaria e sta cercando il sostegno di Forza Italia per emendare il testo appena approvato dal consiglio dei ministri, introducendo modifiche ancora più penalizzanti per l’azione dei magistrati, in particolare per quanto riguarda lo strumento delle intercettazioni. In particolare, il Trojan negli ascolti e alcune regole sulla prescrizione sono nel mirino dei “garantisti”. Inoltre, il testo approvato prevede cinque giorni di preavviso e un interrogatorio per chi deve essere arrestato, ma Forza Italia e Nordio vorrebbero cancellare questa disposizione. Questo atteggiamento ha suscitato il disappunto di Meloni, che ha chiesto di evitare blitz che potrebbero mettere a rischio l’intera riforma.
In conclusione, l’imbarazzo di Meloni per l’uscita di Nordio è significativo, poiché compromette non solo la trattativa con la magistratura per la separazione delle carriere, ma anche l’azione del governo nel suo complesso. Meloni aveva cercato di evitare uno scontro diretto con la magistratura e di gestire la situazione in modo pragmatico, ma le dichiarazioni di Nordio hanno vanificato gli sforzi compiuti. Ora il governo si trova di fronte a una sfida ancora più complessa, con Forza Italia che cerca di emendare il testo approvato per limitare ulteriormente i poteri dei magistrati. L’esito di questa situazione rimane incerto, ma una cosa è chiara: le riforme in campo giudiziario sono a rischio.