Il tema dell’ecosostenibilità continua ad assumere un’importanza sempre più strategica presso l’opinione pubblica mondiale. Se l’Italia è stata a lungo sotto la lente di ingrandimento a causa della questione di Napoli, con le strade del capoluogo campano invase dai rifiuti, ora anche altri Paesi iniziano ad avere grandi problemi da questo punto di vista.
A partire dalla Cina, che di recente ha deciso di notificare all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) la sua decisione di non accettare più eventuali spedizioni di ben 24 tipi di rifiuti. Il tutto in contemporanea con il varo di una vera e propria campagna contro la spazzatura proveniente dall’estero.
I motivi della scelta di Pechino
Il divieto di importare spazzatura proveniente da fuori scatterà entro la fine dell’anno e andrà a colpire anche il commercio di scorie derivanti dalla lavorazione dell’acciaio e provenienti dal settore tessile, come il cotone, i filati o la lana.
Da un punto di vista dell’ecosostenibilità la scelta di Pechino è facilmente comprensibile: insieme alla carta, alla plastica e alle altre materie prime che dovrebbero essere trattate, in Cina arrivano mischiati ad esse rifiuti estremamente pericolosi e tali da impedirne un nuovo utilizzo.
Il risultato è che spetta proprio al gigante asiatico lo smaltimento di spazzatura che contiene sostanze potenzialmente nocive per il proprio ecosistema. Una operazione che un Paese come la Cina, ove il rapido sviluppo industriale ha avuto gravi conseguenze sull’ambiente, non può più permettersi.
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La Cina non vuole più essere la discarica del mondo
L’ecosostenibilità è un termine che comincia ad andare di moda anche dalle parti di Pechino. Con la mossa comunicata all’Organizzazione mondiale del commercio, il governo cinese cerca con tutta evidenza di sganciarsi da un ruolo scomodo, quello che ne ha fatto una sorta di discarica a livello mondiale.
Un business estremamente fiorente, se si pensa come la Cina abbia acquistato oltre frontiera poco meno di 7 milioni e mezzo di tonnellate di materie plastiche, per un controvalore di 3,7 miliardi di dollari. Una mole di rifiuti che le ha consegnato la leadership globale, con il 56% delle importazioni complessive.
I maggiori partner di Pechino sono Stati Uniti, Hong Kong e Giappone, stando ai dati forniti dall’ITC (International Trade Center).
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Anche la Germania vuole uscire dal commercio di rifiuti
Oltre alla Cina, c’è però un’altro Paese che sembra essere intenzionato a lasciare un business fiorente, ma non proprio pulito. Si tratta della Germania e in questo caso le maggiori preoccupazioni sono proprio per l’Italia, considerato che Berlino si è sino a questo momento sobbarcata la gestione della spazzatura prodotta dal nostro Paese e tenente amianto. Una decisione molto pericolosa per noi in tema di ecosostenibilità, considerato che il nostro Paese è letteralmente disseminato di rifiuti contenenti asbesto che non si riesce a smaltire.
Un problema di non poco conto
Il vero problema che sta emergendo in tema di ecosostenibilità, è quello derivante dalla qualità dei rifiuti che occorre smaltire. Chi ha saputo dare vita ad una politica tesa ad avere selezioni di buon livello, puntando con grande forza sulla raccolta differenziata, riuscirà comunque a vendere la spazzatura, sia pure a prezzi più bassi che nel passato. Mentre chi non lo ha fatto, come appunto l’Italia, potrebbe ora trovare porte chiuse, senza peraltro avere capacità di smaltimento. Un problema di non poco conto per un Paese che ancora oggi vede le proprie città mandate in crisi dalla mancata o deficitaria raccolta dei rifiuti.
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