Kim-jong-un sembra essere diventato il bersaglio preferito da Donald Trump. Dopo i recenti esperimenti nucleari che hanno destato un certo timore nel resto del mondo, il presidente degli Stati Uniti, in vistoso calo di consensi all’interno, ha iniziato a minacciare con sempre maggiore forza il dittatore nord-coreano. Se però si sapeva che il Paese asiatico è armato a livelli da grande potenza, va però smentito quanto detto a lungo dagli osservatori esterni, ovvero che sia estremamente povero. La realtà è infatti diametralmente opposta.
Le immagini non dicono tutto
La ricchezza della Corea del Nord va a smontare la narrazione che pure continua ad andare per la maggiore in Occidente, ove le immagini che trapelano dalla capitale Pyongyang e dagli altri grandi centri urbani del Paese sembrano delineare una vita grama e stentata. Forse le privazioni possono essere vere, ove rapportate allo stile di vita dell’opulento Occidente, ma certo non possono essere prese come base per una tesi, quella della povertà della Corea del Nord, che non si regge assolutamente in piedi. Il Paese diretto con pugno d’acciaio da Kim-jong-un è infatti una tra le regioni più ricche di minerali in assoluto, a livello globale. Il territorio statale detiene al suo interno ricche scorte di oro, argento, zinco, tungsteno e vanadio, sino ad oggi letteralmente inaccessibili. Scorte che sarebbero state quantificate dagli istituti mineralogici della Corea del Sud in una forbice tra sei e dieci trilioni (seimila miliardi di dollari nel primo caso, diecimila nel secondo).
Un Paese contraddittorio
Proprio il contrasto creato dalla presenza di ricchezze così ingenti e da un tenore di vita ancora molto lontano da quello che distingue i Paesi più ricchi dell’Occidente, ha quindi spinto gli osservatori esterni a presentare il Paese guidato da Kim-jong-un alla stregua di una clamorosa contraddizione.
Per capire meglio il livello della ricchezza nord-coreana, la cosa migliore è prendere in prestito quanto affermato dall’Economist, i cui analisti non hanno avuto difficoltà ad affermare che in caso di riunificazione delle due parti del Paese divise alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ne nascerebbe una vera e propria superpotenza. Uno status cui contribuirebbero da un lato la tecnologia estremamente avanzata detenuta dalla Corea del Sud e dall’altro proprio le risorse minerarie della parte settentrionale.
La deleteria corsa agli armamenti
Un’ipotesi, quella della riunificazione, che ad oggi non è assolutamente proponibile, considerato il perenne stato di tensione tra le due Coree.
La Corea del Nord, quindi, rimane un Paese ricchissimo sulla carta, che però non riesce a procurare una vita più agiata ai suoi cittadini, proprio a causa della mancanza di livelli tecnologici adeguati.
In tal modo le ricchezze minerarie non possono essere estratte rimanendo quindi nel sottosuolo, mentre il governo sembra molto più attratto da una insana passione per gli armamenti. Una passione che ha spinto a dirigere anche la ricerca scientifica in direzione di una continua escalation militare, soprattutto nei decenni a cavallo del nuovo millennio.
Una escalation che del resto rende del tutto inutile pensare all’estrazione delle risorse minerarie, in quanto proprio a causa della rincorsa verso la bomba atomica, Kim-jong-un si è praticamente inimicato il mondo. La Corea del Nord è infatti sanzionata ormai dal 2006 e ha in pratica un solo partner commerciale, ovvero la Cina, l’unico Paese che ha deciso di sfidare l’embargo e le risoluzioni dell’ONU.
Proprio Pechino assorbe i nove decimi delle esportazioni di Pyongyang, tanto da aver deciso di spendere una cifra ingente per dare vita ad una ferrovia nei pressi del confine tra i due Stati. Ove la Corea del Nord decidesse di aprire allo sfruttamento delle proprie risorse minerarie, la Cina partirebbe quindi da una posizione praticamente inattaccabile.
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