Tre telefonate in 26 minuti hanno determinato il corso degli eventi che hanno portato alla tragedia di Brandizzo. Gli ordini di “non procedere con i lavori” non sono stati rispettati, portando alla morte di cinque operai.
In un orrendo schianto ascoltato in diretta telefonica, la procura di Ivrea ha raccolto le prove chiave che hanno permesso di incriminare i primi due sospetti: Andrea Gibin, caposquadra di Si.gi.fer e Antonio Massa, tecnico di Rfi. Entrambi sono ora indagati per omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale.
La squadra di investigatori, Polfer e Guardia di Finanza, coordinata dalla procuratrice Gabriella Viglione, ha rilevato una grave negligenza: “Gli operai non avrebbero dovuto trovarsi su quel binario a quell’ora”, affermano fonti dal palazzo di giustizia. Non esisteva alcuna autorizzazione scritta per intervenire sui binari.
Emergono ulteriori dettagli inquietanti dalle telefonate registrate. Massa, con il ruolo di “scorta”, aveva autorizzato verbalmente l’inizio dei lavori sul binario, nonostante avesse ricevuto un ordine contrario, per due volte, dalla sala di controllo della stazione di Chivasso.
Le telecamere della stazione di Brandizzo hanno immortalato gli operai mentre lavoravano sui binari, nonostante gli ordini di fermarsi. La tragica terza telefonata, brevissima, ha documentato l’esplosione che ha seguito l’incidente, con i seguenti commenti disperati di Massa sulla morte degli operai.
Ulteriori indagini sono in corso per stabilire se ci fosse l’abitudine di iniziare i lavori prima dell’autorizzazione scritta. Se provata, ciò potrebbe mettere sotto inchiesta le aziende Rfi e Si.gi.fer.
Mentre le famiglie delle vittime affrontano il loro lutto, sono incoraggiate a pazientare riguardo ai funerali. L’identificazione e l’analisi dei resti richiedono tempo, e la vista dei corpi è stata sconsigliata per la loro natura straziante.
La tragedia di Brandizzo rimarrà come un amaro monito sulle gravi conseguenze della negligenza e dell’irresponsabilità sul luogo di lavoro.