È con sgomento che la comunità teatrale si confronta con l’assenza di un pilastro come Roberto Sturno. Celebre attore di teatro, la sua scomparsa ha lasciato un vuoto difficile da colmare, un’assenza che si fa sentire come uno scossone improvviso.
Per 42 anni, Sturno e Glauco Mauri hanno condiviso la scena, fondando una compagnia che ha segnato una profonda impronta nel panorama artistico italiano. Il loro sodalizio culturale, carico di poesia e complicità, ha attraversato generazioni.
È difficile trovare le parole quando un’assenza è così palpabile. La Compagnia Mauri-Sturno è stata un faro nel panorama teatrale, e le conversazioni con Sturno hanno toccato temi profondi, dalla non ancora pubblicata autobiografia di Mauri, all’impresa universitaria intitolata a Eleonora Duse.
Oltre all’attore, ci piace ricordare l’uomo Roberto Sturno, con il suo sorriso contagioso, la sua energia inarrestabile, la sua dedizione totale alla scena.
Nato a Roma nel 1946, Sturno ha fatto il suo debutto in “Macbeth” nel 1971. Ha lavorato con compagnie e registi di spicco, ma è nel 1981 che inizia la sua collaborazione con Glauco Mauri, consolidandosi poi nel 2005 con la creazione della compagnia Mauri-Sturno. Da Brecht a Goethe, da Shakespeare a Goldoni, Sturno ha mostrato una versatilità impressionante, portando sul palco la magia dell’arte teatrale.
Ricordiamo in particolare la sua interpretazione in “Variazioni enigmatiche” di Schmitt, in “Delitto e castigo” ispirato a Dostoevskij, e nel toccante “Finale di partita” di Beckett, solo per citarne alcuni.
Sturno ha sempre sostenuto il lavoro di Glauco Mauri, considerandolo quasi come un “nonno” aggiunto alla sua famiglia. Lascia due figli, Vanja e Mirò, e sua moglie Stefania Micheli.