Tumori, arriva una cura che “affama” le cellule. Lo dimostra uno studio dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova attraverso uno screening su centinaia di farmaci già approvati per altre indicazioni applicati a cellule tumorali coltivate in vitro, con l’obiettivo di identificare nuove strategie antitumorali sicure ed economiche. I dati mostrerebbero che brevi e ripetuti cicli di digiuno rendono i tumori sensibili a medicinali già ampiamente usati in clinica. Lo studio pubblicato su Nature Communication.
Salute e tumori, ecco la cura che “affama” le cellule
Lo dimostrerebbe una ricerca appena pubblicata sulla rivista Nature Communication da un team di ricercatori dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, guidati da Alessio Nencioni del Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche (DIMI) dell’Università di Genova. I risultati sono stati ottenuti attraverso lo screening di centinaia di farmaci già utilizzati in clinica su linee di cellule cancerose in vitro e su modelli sperimentali in vivo. Uno studio che potrebbe aprire a possibili terapie economiche e accertate, dunque dall’esito più stabile, grazie a medicinali già testati, più economici e ampiamente tollerati dagli organismi.
Così Alessio Necioni, direttore della Clinica Geriatrica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova e coordinatore dell’indagine assieme ad Amr Khalifa e Irene Caffa. “La cura dei pazienti oncologici ha costi molto elevati, che a volte limitano l’accesso a terapie efficaci soprattutto nei Paesi a basso reddito. Per questo esiste un interesse crescente nel valutare la possibilità di ‘riciclare’ come antitumorali farmaci non oncologici, approvati e impiegati da tempo per altre patologie: si tratta infatti di medicinali che in genere sono a basso costo, essendo scadute le coperture brevettuali, e che grazie all’esperienza di utilizzo su larga scala sappiamo avere un profilo di sicurezza spesso buono”.
“Esempi ben noti di farmaci non oncologici riproposti come anticancro sono la talidomide, dapprima venduta come antinausea e sedativo e ora usata per trattare il mieloma multiplo, e l’acido retinoico, che è ampiamente utilizzato per trattare patologie della pelle ma ha dimostrato anche una grande efficacia nel trattamento della leucemia promielocitica acuta. Tuttavia, nonostante esistano vari studi clinici in corso, l’identificazione di altri farmaci di uso comune che si prestino a essere ‘riproposti’ per trattare malati oncologici procede a rilento”.
L’ipotesi dei ricercatori
I medici dell’ospedale San Martino ipotizzano che i tumori debbano essere esposti a condizioni di “stress nutrizionale”. Nencioni: “Anche alcuni noti antifungini, tra cui terbinafina e miconazolo, hanno infatti dimostrato di possedere attività simile e i dati positivi sono stati confermati in modelli animali di vari tipi di tumore, sottoponendo i topolini a periodi di digiuno e quindi al trattamento con i farmaci più promettenti emersi dallo screening su linee cellulari”.
“Il digiuno è cruciale per potenziare l’attività antineoplastica dei farmaci, tra i due tipi di intervento si crea cioè una positiva sinergia antitumorale. Lo ‘stratagemma dietetico’ del digiuno potrà quindi servire a individuare anche altri farmaci non oncologici da ‘riciclare’ come antitumorali. Intanto, i dati positivi ottenuti con i medicinali anticolesterolo e antifungini dovranno essere confermati attraverso studi clinici che all’Irccs Policlinico San Martino stiamo già ipotizzando, per poter essere presto in grado di offrire ai pazienti oncologici nuove opportunità di cura sicure e a basso costo”.