Un supertestimone che sarebbe sbucato dal nulla. L’uomo sostiene di essere “un ufficiale esterno della polizia penitenziaria” e di avere prove e video che dimostrerebbero che Stefano Dal Corso è stato ucciso. Prima ha inviato una mail, poi ha alzato la cornetta per fare alcune telefonate. “Gli ha rotto l’osso del collo con una spranga e due colpi di manganello”.
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Le rivelazioni shock del supertestimone
Il detenuto del Tufello era stato trovato impiccato nel carcere Casa Massima di Oristano, in Sardegna, il 12 ottobre del 2022. Questa la ricostruzione ufficiale, fino ad oggi. Perché, adesso, salta fuori un’altra verità.
Secondo quanto riporta Andrea Ossino sul quotidiano La Repubblica, il supertestimone avrebbe affermato in una mail, e poi in alcune telefonate, come anticipato, di avere prove sul conto di Dal Corso. Che non si sarebbe tolto la vita, ma sarebbe stato ucciso. Il killer “gli ha rotto l’osso del collo con una spranga e due colpi di manganello”. Secondo il presunto testimone il movente è legato a un presunto rapporto sessuale di cui Dal Corso sarebbe stato testimone. Adesso le sue parole saranno esaminate dai pm che stanno indagando sulla vicenda. “Hanno modificato le relazione, hanno cambiato medico legale, lo hanno vestito con indumenti della Caritas e hanno fatto sparire quelli sporchi di sangue con le prove e le impronte”: ecco la nuova ricostruzione che potrebbe stravolgere il caso del detenuto romano. Lui è convinto di avere in mano «una bomba atomica» pronta ad abbattersi sul penitenziario e su diverse istituzioni. Intanto però la procura per la settima volta ha rigettato la richiesta di autopsia: non ci sono indagati quindi l’incidente probatorio è meglio evitarlo. Il ministro della Giustizia invece ha detto che “non si evidenzia alcuna anomalia” sul caso Dal Corso. (Continua dopo la foto)
Ma adesso tutto potrebbe cambiare. Dopo testimonianze contrastanti, rivelazioni, prove mai mostrate, perizie che pongono dubbi sul suicidio e guasti alle telecamere. «Stefano – racconta ancora il supertestimone – era al posto sbagliato nel momento sbagliato. Tutto è partito per una cosa minima, per dargli una lezione ma è degenerata». La vittima avrebbe visto qualcosa che non doveva: «Ha aperto la porta dell’infermeria e ha assistito a un rapporto sessuale tra due operatori del carcere. È stato cacciato via e ha fatto ritorno nella sua cella». Poi «schiaffi, calci, pugni», prosegue la narrazione che termina con la morte di Stefano e con il tentativo di coprire l’omicidio. «La procura accerterà la veridicità o meno di quanto dichiarato. Ma tutto ciò spero possa porre un dubbio che porti ad effettuare l’autopsia» dice l’avvocato Decina a Repubblica.
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