n detenuto ha finto di voler collaborare con la giustizia solo per essere interrogato dalla pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero, e per tagliarle la gola durante l’incontro. Il piano, successivamente fallito, sarebbe stato ideato dal 42enne Pancrazio Carrino, uno degli indagati coinvolti nell’operazione chiamata “The Wolf” che portò la magistratura salentina, nel luglio 2023, a smantellare il clan Lamendola-Cantanna.
Il bersaglio era proprio la pm titolare dell’inchiesta, che ottenne dalla gip Francesca Mariano l’ordinanza di custodia cautelare a carico di 22 persone.
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A salvare la pm un tenente dei carabinieri
A salvare la titolare dell’inchiesta è stato un tenente dei carabinieri, che ha fortunatamente trovato il coltello e ricostruito le intenzioni del 42enne che aveva chiesto il colloquio con la pm per “tagliarle la gola senza essere bloccato”. La pm era stata oggetto di pesanti minacce nei mesi scorsi e molte altre indagini sul mondo della Sacra Corona Unita e dei clan portano la firma di Ruggiero.
Il blitz risaliva ad appena qualche giorno prima e l’interrogatorio sembrerebbe essere andato bene, almeno da quanto si poteva leggere dalle carte. Durante l’incontro, Carrino aveva infatti confermato quanto emerso dalle indagini e “raccontato la sua storia all’interno della criminalità organizzata a parte dal 2010”. Il 23 ottobre scorso, però, al pm del carcere di Terni ha invece confessato una storia diversa.
Il racconto del detenuto
Arrivato nella stanza del carcere di Lecce per l’interrogatorio “ricordo la disposizione dei presenti: c’era una signora al centro che era il pm, alla sua destra il tenente dei carabinieri di San Vito dei Normanni, l’avvocato d’ufficio e altre persone di cui non ricordo bene. Ero seduto davanti al pm e tenevo sotto controllo il tenente per capire se mi trovavo ad una distanza sufficiente per poter agire contro il pm tagliandogli la giugulare senza essere bloccato“. Questo il racconto choc dell’aspirante finto ‘pentito’ Pancrazio Carrino.
“La mia vera intenzione – mette a verbale Carrino il 23 ottobre scorso – era di tagliare la gola al pubblico ministero che si sarebbe presentato” per dare “seguito alla mia richiesta di collaborazione”. “Mi preparo un pezzo di ceramica del bordo interno del water della cella d’isolamento, e lo avvolgo in una busta nera di plastica della spazzatura. Era sempre il periodo che assumevo in dosi eccessive i farmaci (sedativi, ndr)”. Il giorno dell’interrogatorio con il pm Ruggiero – aggiunge – “andai in bagno, dove mi infilai nel retto il pezzo di ceramica imbustato, al fine di non farlo trovare in caso di perquisizione, che infatti fu eseguita, ma il pezzo di ceramica non fu trovato”.
«Se fossi stato lucido…»
Arrivato nella stanza il detenuto si rende conto della disposizione dei presenti, valuta la distanza tra sé, il pm e il tenente dei carabinieri per capire se si trovava “ad una distanza sufficiente”. Quindi, chiede di andare al bagno per poter estrarre il pezzo di ceramica. “Mi venne concesso e fui accompagnato da un agente di polizia penitenziaria. Estrassi il pezzo di ceramica che poi riposi nella parte alta della mutanda per essere pronto all’uso. Ricordo che dopo essere uscito dal bagno mi sono trovato in una stanza, da solo, diversa da quella dove ero in precedenza, dove è entrato il tenente di San Vito dei Normanni che mi ha trovato il pezzo di ceramica in mano e me lo ha tolto. Il tenente mi ha detto ‘che ci fai con questa cosa in mano?’. Se fossi stato lucido quel giorno, come lo sono adesso, Carmen Ruggiero sarebbe già storia“.