La Brexit ad un anno di distanza dal referendum
Dopo il referendum che si è tenuto 12 mesi fa ed il risultato che ha sancito l’uscita dall’Unione Europea da parte del Regno Unito, su questo argomento si sono succedute molte discussioni, ma il processo di attuazione di questa decisione è ancora lungo, dato che si devono rispettare i punti previsti dal trattato della UE al suo articolo 50.
Ecco quindi che a distanza di 12 mesi si può fare un primo punto della situazione, cercando di chiarire quali dono le implicazioni riguardanti l’economia della Gran Bretagna. Le prime indicazioni mostrano un percorso “a due velocità”.
I giornali inglesi scrivono che dopo il referendum e l’uscita dalla UE, il loro Paese si è svegliato con una perdita secca di 490 miliardi di sterline, pari a circa 550 miliardi di Euro. Questa cifra è emersa dal ricalcolo che è stato effettuato dall’Ons, l’Ufficio nazionale di statistica, nel quale si è scoperto che gli “asset internazionali” della Gran Bretagna erano sovrastimati.
Il quotidiano Daily Telegraph, le cui posizioni sono vicine a quelle della premier Theresa May e del Partito Conservatore, ha sottolineato infatti che dopo la Gran Bretagna non ha una sufficiente riserva di “asset stranieri” che possano proteggere l’economia inglese dai rischi causati dalla Brexit.
Andando maggiormente nel dettaglio, sempre secondo l’Ons, la “posizione patrimoniale netta” del Regno Unito nei confronti dei paesi esteri, che vedeva un surplus di 469 miliardi di sterline, si trova ora con un deficit di 22 miliardi di sterline. Questa differenza è uguale a circa un quarto del Pil del Regno Unito.
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Le previsioni dell’Fmi
Il Fondo Monetario Internazionale ha effettuato una revisione “al rialzo” delle sue stime per quanto riguarda la crescita dell’economia mondiale. Una revisione che l’Fmi ha effettuato per la prima volta da quando, nel decennio scorso, era iniziata la crisi globale che tanti danni ha arrecato all’economia nel suo complesso.
Questa revisione è stata causata dal miglioramento complessivo che si è avuto nei primi sei mesi del 2017, nel complesso dei Paesi industriali e l’aumento nei confronti della stima emessa nello scorso mese di luglio è pari allo 0,1% sia per l’anno in corso che per il 2018.
L’espansione globale avrà quindi come risultato un +3,6% in questo anno, per salire ad un +3,7% nell’anno prossimo. Per quanto riguarda l’Eurozona la crescita in questi due periodi sarà rispettivamente del 2,1% e dell’1,9%, con un miglioramento, rispetto alle stime precedenti, dello 0,2% per entrambe le percentuali.
Maurice Obstfeld, capo economista del Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che si può sfruttare questo momento positivo nell’economia per mettere sul tavolo una serie di riforme. Lo stesso Obstfeld ha anche ammonito di fare presto perché “È una finestra che non resterà aperta per sempre”.
Il momento favorevole dovrebbe anche indurre i Governi dei Paesi che hanno un cospicuo debito pubblico a mettere in campo tutte le azioni possibili per la sua riduzione. Negli Stati Uniti in questo momento prevale l’incertezza economica e questo ha portato l’Fmi a “tagliare” le sue stime per questo colosso dell’economia mondiale.
La stessa cosa vale per il Regno Unito, ma qui le cause per il taglio delle stime sono dovute quasi completamente all’impatto che sta avendo sull’economia britannica il risultato del referendum sulla Brexit.
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La fotografia del momento secondo i dati Ocse
Nel periodo precedente al Natale 2016 è stata registrato un aumento di spesa da parte dei consumatori, ma l’aumento dei prezzi, che ha superato quello dei salari, ha portato delle difficoltà a partire dai primi mesi del 2017, con un conseguente rallentamento della crescita della spesa.
In Gran Bretagna nell’ultimo trimestre preso in esame si è registrata una crescita del “Q2” maggiore del trimestre precedente, (+0.3% contro +0.21%), ma nonostante questo fatto la Gran Bretagna non riesce a lasciare l’ultimo posto in classifica.
L’avvio dei negoziati che si tengono tra l’Unione Europea e la Gran Bretagna non ha provocato modifiche nette per il trend, ed il Pil ha registrato, dopo la Brexit, un rallentamento deciso. Tra i paesi del G7 il Pil britannico, nonostante la crescita resta ancorato all’ultimo posto, una posizione che è una novità rispetto alle classifiche degli ultimi tre anni.
Trarre conclusioni definitive dopo un anno dalla Brexit è forse affrettato, ma certamente il presentarsi del secondo trimestre deludente fa aumentare, anche negli esperti economici, le preoccupazioni per i prossimi anni.