Il fascino dell’immortalità ha sempre ispirato scrittori di fantascienza, mentre il mistero della morte continua a tormentare l’umanità da tempi immemori. Oggi, però, grazie al progresso tecnologico, nuove possibilità si stanno aprendo. Non si parla di immortalità, ma di un prolungamento della vita che potrebbe rivelarsi significativo, portando non poca gioia agli enti pensionistici. È questa la speranza delle 377 persone che sono arrivate a Raft, un paesino di 4.000 anime nel Cantone di Zurigo, in Svizzera. Qui lavora il dottor Emil Kendziorra, un esperto di criogenizzazione, impegnato in avanzati studi sull’ibernazione di tessuti umani trattati e conservati a temperature estremamente basse. Sebbene il tema non sia nuovo, la tecnologia ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. Per questo, 377 persone, tra cui 15 italiani, hanno scelto di sottoporsi a questo procedimento nella speranza che in futuro qualcuno possa riportarli in vita.
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Il problema principale è che, al momento, non esiste alcuna garanzia di risveglio e ci vorranno almeno 200 o 300 anni perché sia possibile essere “riportati indietro” dal sonno glaciale. Inoltre, non si sa in che condizioni si troveranno i corpi dopo così tanto tempo. Nonostante ciò, c’è chi è disposto a correre il rischio pur di non abbandonare definitivamente questo mondo. Queste persone dispongono di notevoli disponibilità economiche, visto che il “trattamento” costa circa 200.000 euro. Per iscriversi alla start-up Tomorrow Biostasis e “prenotare” l’ibernazione, invece, bisogna pagare una quota d’ingresso di 25 euro mensili (300 euro l’anno).
Come si svolge la procedura per il congelamento
La lista d’attesa, a quanto pare, conta più di 400 nominativi. Una volta giunto il momento della procedura, il corpo viene congelato con l’uso di azoto liquido e conservato a una temperatura di -196 gradi. Dopo questo, i corpi criogenizzati vengono caricati in ambulanza e portati in un magazzino appositamente attrezzato a Rafz.
Bisogna ammettere che ci vuole un grande coraggio per sottoporsi a un simile trattamento. La paura della morte può essere talmente forte da spingere qualcuno a preferire secoli trascorsi “sotto ghiaccio” in attesa di un risveglio tutt’altro che sicuro. “Sebbene la ricerca medica sia in costante progresso”, avverte il sito di Tomorrow Biostasis, “attualmente non è ancora possibile rianimare un essere umano dopo che è stato criopreservato”. Pensare a un corpo imprigionato nel “sonno freddo” per centinaia di anni fa una certa impressione. Le domande sono molte. Il soggetto proverà qualcosa? Sognerà? O sarà avvolto in un nulla circondato di azoto liquido? O in un incubo senza fine nel quale si troverà sospeso e in solitudine, senza poter comunicare, ad esempio, di avere cambiato idea? Questi interrogativi non sembrano scoraggiare le centinaia di persone benestanti che accettano di correre il rischio. Sperando di risvegliarsi in un mondo nuovo e sconosciuto.