Il percorso di Enrico Ruggeri nel mondo della musica è costellato di successi. Ma è stato anche più difficile di quanto potremmo immaginare. Le grandi doti del cantautore milanese sono state riconosciute in modo completo solo con il tempo. E il suo carattere indipendente e schietto lo ha portato ad assumere posizioni a volte scomode, come durante il periodo del Covid, quando fu criticato per aver organizzato un concerto in cui non si indossavano mascherine. Meno immediato di altri cantautori, meno “politicamente corretto” (“Io di destra? Non mi piace essere incasellato”, risponde a precisa domanda), Ruggeri ha scritto una biografia dal titolo “40 Vite Senza Fermarmi Mai” che oggi presenta al Salone del Libro. Prima di farlo, il cantautore ha rilasciato una lunga e interessante intervista a La Stampa – realizzata da Alberto Infelise – nella quale, come al solito, partendo dalla musica affronta temi sociali importanti.
L’atto di accusa di Enrico Ruggeri
Ruggeri lancia un atto di accusa contro chi “ha spinto l’industria discografica verso la banalità“. Mentre in passato, il mondo musicale pullulava di grandi personaggi capaci di cambiare la vita delle persone. “Se fossi un dietrologo”, afferma Ruggeri con un’analisi molto interessante, “direi che a un certo punto qualcuno ha spinto l’industria discografica verso la banalità. John Lennon e Bob Dylan fermavano le guerre, creavano opinione. E vendevano anche i dischi. Non sono stati i discografici”, sottolinea Ruggeri, “a determinare il cambiamento di rotta. Ma qualcuno forse aveva interesse a intorpidire le coscienze“. Quello delle giovani generazioni “schiacciate”, di un ambiente sociale e culturale che rende tutto superficiale ed elimina qualsiasi modello alternativo, qualsiasi voce scomoda, è un tema molto reale e poco affrontato.
“I grandi cantautori della mia generazione e di quella precedente”, spiega l’artista milanese, “erano grandi lettori. Leggevamo tanto e di tutto”. Mentre oggi “è un momento molto incattivito, e questo spirito del tempo temo che non porti da nessuna parte“. Sulla politica, Ruggeri dice che “tutto è diventato tifo, banalizzazione, tutti contro tutti. Il danno peggiore è che così non si costruisce nulla, vince chi banalizza. Io non voglio essere incasellato. Sono una persona libera, non ci sono altri a decidere quello che devo pensare”. Le sue prese di posizione sui social, dove da tempo Ruggeri è molto attivo, a volte sono state impopolari. Il cantautore meneghino non è certo uno che va a cercare il facile consenso: dice quello che pensa. “Ho rispetto per chi ha idee diverse dalle mie e me le sbatte in faccia”, conclude Ruggeri con lucidità. “Ma non capisco perché dovrei spaventarmi per il primo che passa e mi dice di tacere e di pensare a cantare. La mia opinione vale quanto quella degli altri”.