Negli ultimi anni, il termine interfacce neurali è diventato sempre più comune. Questi dispositivi, al di là del nome complesso, sono piccoli impianti inseriti nel cervello umano per ottenere vari risultati. Un esempio straordinario ci viene da Elon Musk, che ha recentemente presentato al mondo il primo chip neurale impiantato in un essere umano. Il paziente, Noland Arbaugh, è un uomo diventato tetraplegico dopo un incidente. Grazie a questo chip, inserito nella corteccia cerebrale, Arbaugh ha raggiunto risultati sorprendenti: ora può usare smartphone e computer con la sola forza del pensiero. Gioca ai videogiochi, naviga in Internet e utilizza il suo MacBook senza muovere un dito. Questo segna un grande passo avanti nella tecnologia, promettendo di migliorare la vita di molte persone con disabilità.
Sebbene l’uso etico di questa tecnologia susciti speranze e aspettative positive, c’è un’altra faccia della medaglia. Gli impianti neurali, senza un rigoroso codice etico di regolamentazione, potrebbero portare a scenari inquietanti. Questa preoccupazione è stata alimentata dall’annuncio di un’azienda cinese, che ha sviluppato una propria interfaccia neurale. Il loro esperimento, che ha coinvolto una scimmia con un chip impiantato, ha mostrato il primate usare la forza del pensiero per muovere un braccio meccanico e afferrare del cibo, nonostante le zampe fossero legate.
Il progetto cinese prevede l’innesto di elettrodi nel cervello, un avanzamento significativo che avvicina Pechino agli standard occidentali. Tuttavia, non è l’uso medico di questi chip a preoccupare gli esperti, ma l’intenzione dichiarata dalle autorità cinesi di potenziare le capacità cognitive dei soggetti sani. Questo significa che Pechino sta considerando la creazione di “superuomini” e, nel contesto militare, di “supersoldati”. Margaret Kosal, professoressa e ricercatrice al Georgia Institute of Technology, ha espresso chiaramente la sua preoccupazione. “Negli Stati Uniti, la neuroscienza civile non è esplicitamente collegata alla ricerca militare,” ha detto Kosal. “La Cina, invece, punta a integrare i settori militare e commerciale, ed è questo che preoccupa maggiormente.” Kosal ha spiegato che un progetto cinese, avviato nel 2016, mira a collegare gli esseri umani alle macchine, non per scopi terapeutici, ma per creare esseri potenziati.
Se questo scenario dovesse realizzarsi, altri paesi sarebbero costretti a seguire la stessa strada per non rimanere indietro, portando a conseguenze potenzialmente disastrose. Il movimento del transumanesimo sostiene l’idea di una fusione tra uomo e macchina, con l’obiettivo di creare individui con capacità intellettuali straordinarie e una vita significativamente più lunga rispetto alla media. Ma come sarebbe un mondo dominato da pochi potenti “superumani”, lasciando la maggior parte della popolazione indietro? Non è difficile immaginarlo, ma certamente non è il futuro che desideriamo.