L’Unione Europea è nuovamente al centro di un acceso dibattito riguardante le direttive sul settore automobilistico. In un momento di crisi per il comparto automotive, che rappresenta un pilastro chiave per l’economia industriale europea, la transizione verso i veicoli elettrici e le nuove regolamentazioni stanno mettendo sotto pressione l’intero settore. Le possibili ripercussioni economiche e sociali sono profonde, ma la Commissione Europea sembra non voler prestare attenzione agli avvertimenti e alle proteste provenienti da diverse parti del continente, mantenendo ferma la sua posizione.
Italia e Germania chiedono una revisione anticipata
La scintilla che ha fatto scattare il nuovo scontro è stata la richiesta presentata dall’Italia, sostenuta dalla Germania, di anticipare al 2025 la revisione del regolamento che prevede lo stop ai motori diesel e benzina entro il 2035. In sostanza, l’Italia chiedeva un’estensione dei tempi per il passaggio verso l’elettrico, ma la risposta di Bruxelles è stata negativa. La Commissione Europea ha infatti ribadito che il termine per la revisione fissato nel 2026 è ritenuto adeguato e che la transizione verso il 2035 deve rimanere “graduale”.
La risposta di Salvini
Il vicepremier Matteo Salvini non ha tardato a esprimere il suo dissenso, scagliandosi contro la decisione dell’UE e prendendo di mira direttamente la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen. Salvini ha accusato l’UE di “distruggere le aziende” e di mettere a rischio milioni di posti di lavoro, facendo un favore alla Cina. Ha poi promesso una forte opposizione, affermando che continuare su questa strada, nonostante gli evidenti rischi, sarebbe “diabolico”.
Competizione cinese e il veto dell’Ungheria
Un altro tema centrale è la crescente competizione con le auto elettriche prodotte in Cina. In Europa, aumentano le pressioni per l’introduzione di dazi sui veicoli elettrici importati da Pechino, ma non tutti i Paesi sono d’accordo. L’Ungheria, attraverso il ministro degli Esteri Péter Szijjártó, ha chiaramente espresso la sua contrarietà all’introduzione di queste tariffe, sostenendo che danneggerebbero l’economia europea e ne indebolirebbero la competitività.
Per Szijjártó, una collaborazione con la Cina sarebbe più vantaggiosa per l’Unione Europea rispetto a una rivalità commerciale. Il ministro ha confermato che l’Ungheria si opporrà all’introduzione dei dazi e ha sottolineato l’importanza di mantenere aperto il dialogo con Pechino, posizione che si allinea alla volontà di Budapest di sostenere il piano di pace proposto da Cina e Brasilia per risolvere il conflitto in Ucraina.
La situazione, dunque, si presenta complessa e intricatissima, con le soluzioni che sembrano ancora lontane dall’essere raggiunte.