Se hai cominciato a lavorare prima della maggiore età, potresti beneficiare di un vantaggio che influirà positivamente sul calcolo della tua pensione. Le attuali disposizioni legislative, infatti, attribuiscono un valore aggiuntivo ai periodi lavorativi svolti prima dei 18 anni. Grazie alle norme introdotte dalla Riforma Dini, legge n. 335 del 1995, i contributi versati in quel periodo vengono maggiorati, con un impatto diretto sull’importo dell’assegno pensionistico. Vediamo in cosa consiste esattamente questa agevolazione.
Con l’introduzione della Riforma Dini, dal 1° gennaio 1996 il sistema pensionistico italiano è passato dal metodo retributivo a quello contributivo. Questo cambiamento ha portato significativi vantaggi per chi ha iniziato a lavorare in giovane età, dopo l’entrata in vigore della riforma. La legge prevede infatti che i contributi versati prima del compimento dei 18 anni siano incrementati del 50% nel momento in cui viene calcolato l’importo della pensione. In termini pratici, ciò significa che i contributi accreditati in quei periodi vengono moltiplicati per 1,5, aumentando di conseguenza l’importo finale dell’assegno.
È fondamentale precisare, però, che questa maggiorazione riguarda solo il calcolo dell’importo della pensione e non incide sui requisiti contributivi necessari per accedere alla pensione stessa. In altre parole, i mesi di contributi non aumentano per il conteggio degli anni lavorativi necessari per la pensione.
Per coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni, definiti “lavoratori precoci”, è prevista anche un’ulteriore opzione: la possibilità di accedere alla pensione con Quota 41. Questa misura consente di ritirarsi dal lavoro dopo 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica. Tuttavia, va sottolineato che l’agevolazione della maggiorazione dei contributi e la Quota 41 sono alternative tra loro.
Per poter accedere a Quota 41 è necessario che almeno un contributo sia stato versato prima del 31 dicembre 1995, dunque prima dell’introduzione del sistema contributivo. Al contrario, la maggiorazione del 50% sui contributi si applica esclusivamente a chi ha iniziato a lavorare dopo l’introduzione della riforma.
Per chiarire meglio l’effetto di questa agevolazione, immaginiamo un lavoratore che abbia accumulato 10 mesi di contributi prima del compimento dei 18 anni. Al momento del calcolo della pensione, questi contributi verranno incrementati del 50%, portando il valore di quei 10 mesi a 15 mesi. Tuttavia, per quanto riguarda il conteggio dei contributi necessari per il pensionamento, i mesi resteranno 10. Di conseguenza, questa maggiorazione influisce unicamente sull’importo finale dell’assegno pensionistico, senza permettere un anticipo nel momento della pensione.
La maggiorazione del 50% ha un’influenza diretta sull’importo della pensione. Ad esempio, se un lavoratore minorenne ha guadagnato 15.000 euro in un anno e ha versato 4.950 euro di contributi, grazie alla maggiorazione gli verranno riconosciuti 2.475 euro in più, portando il totale dei contributi a 7.425 euro. Tuttavia, il beneficio effettivo sulla pensione, pur positivo, non risulta estremamente elevato. Prendendo come riferimento un lavoratore che va in pensione a 67 anni con un coefficiente di trasformazione del 5,723%, i 2.475 euro aggiuntivi di contributi si tradurranno in circa 141 euro lordi all’anno in più.
L’incremento dei contributi per chi ha iniziato a lavorare da minorenne rappresenta un’opportunità per incrementare l’importo della pensione, ma non permette di anticipare il ritiro dal lavoro. Chi si trova nella condizione di lavoratore precoce dovrà quindi valutare quale tra le due opzioni, la maggiorazione dei contributi o Quota 41, sia più vantaggiosa in base alla propria situazione personale.