Il mercato automobilistico europeo, e in particolare quello italiano, sta affrontando un periodo di contrazione che ormai appare come una crisi sistemica, toccando in modo particolare anche i giganti come Volkswagen. I dati recentemente divulgati dal Ministero dei Trasporti italiano relativi a ottobre indicano una riduzione delle immatricolazioni di auto nuove del 9,05% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. L’usato, invece, continua a registrare numeri positivi, con un incremento dei trasferimenti di proprietà del 10,25%. “Proseguendo su questa strada la catastrofe è dietro l’angolo e le notizie da bollettino di guerra che giungono dall’Unione lo dimostrano”, avverte Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor.
Nel mese di ottobre sono state registrate solo 126.488 nuove immatricolazioni, in netto calo rispetto alle 139.078 dello stesso mese dell’anno precedente. Il trend negativo si è intensificato dopo un iniziale aumento stimolato dagli incentivi che, però, ha avuto un effetto temporaneo e circoscritto. Come già osservato da Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia, il mercato italiano delle auto mostra preoccupanti segni di sofferenza che potrebbero tradursi in un bilancio annuale in negativo. Il settore automotive non solo deve affrontare il calo della domanda, ma anche i costi produttivi elevati, alimentati dalle forti disparità nei prezzi energetici rispetto ad altri paesi europei, e una sostanziale incertezza sugli investimenti futuri.
In parallelo, il settore sta facendo i conti con le richieste di sostenibilità imposte dal Green Deal europeo, con target di decarbonizzazione a breve scadenza. Secondo Vavassori, in questo contesto diventa cruciale ripristinare il Fondo automotive pluriennale, una fonte essenziale di risorse per le aziende italiane, messe già a dura prova dalla congiuntura economica e dai costi crescenti. Anche Michele Crisci, presidente dell’Unrae, sottolinea come la riduzione del Fondo automotive, prevista nella Legge di bilancio con un taglio dell’80%, metta seriamente a rischio la “transizione green” del settore, invocando una revisione dell’ecobonus e misure di sostegno durature che possano traghettare il comparto verso gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità imposti dall’UE.
A evidenziare la gravità della situazione è anche Massimo Artusi, presidente di Federauto, che rimarca la difficoltà per il mercato e per gli operatori nel sostenere un rinnovo del parco auto senza supporti adeguati. Secondo Artusi, il governo italiano dovrebbe elaborare un piano strutturato per il settore, che superi l’approccio basato sui bonus e preveda un quadro di riforma fiscale in grado di favorire le piccole e medie imprese italiane. Anche Quagliano, del Centro Studi Promotor, manifesta preoccupazione per l’attuale linea politica dell’UE, avvertendo che una transizione energetica così accelerata sta già causando danni significativi sia al settore auto europeo che all’economia dell’Unione.