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Nel 2004, Alexandr Litvinenko, ex agente dei servizi segreti russi poi divenuto dissidente, redasse un documento in cui affermava che Romano Prodi fosse legato al KGB. Questa informazione, ricevuta da un alto ufficiale dei servizi russi, indicava Prodi come una figura associata al KGB. La notizia, già emersa nel 2007, è tornata alla ribalta grazie alla giornalista Nicoletta Maggi, che ha scoperto il documento negli archivi britannici.
Il file, declassificato da Downing Street nel 2018, contiene due pagine manoscritte in russo con traduzione in inglese. In esso, Litvinenko narra della sua fuga verso l’Occidente e del consiglio ricevuto da un ufficiale dell’FSB: evitare l’Italia e la Germania, poiché “pieni di agenti del KGB”. È in questo contesto che emerge il nome di Prodi: “Una nostra persona, attualmente presidente dell’Unione Europea”.
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Nel 2007, le dichiarazioni di Litvinenko furono rilanciate da BBC e ITV, suscitando la reazione di Prodi, che respinse le accuse definendole infamanti e parlò di una “pirateria delle notizie”. La fonte dell’ex agente sarebbe stato il colonnello Anatolij Trofimov, poi assassinato.
Questi elementi riportano alla commissione Mitrokhin, istituita in Italia per indagare sull’influenza sovietica nel paese. Il documento ritrovato reca timbri del tribunale di Napoli e della questura di Napoli, oltre alla scritta “segreto”. Non è la prima volta che l’Italia appare in questa vicenda: nel 2006, l’avvocato Mario Scaramella, consulente della commissione, raccolse le dichiarazioni di Litvinenko prima della sua morte. Lo stesso Scaramella fu poi arrestato e condannato in Italia, anche per calunnia.
Resta da capire se il dossier sia autentico e con quale intento Litvinenko abbia fatto quelle dichiarazioni. Nel 2004, Prodi era alla guida dell’Unione Europea, mentre nel 2006 divenne presidente del Consiglio. In un contesto geopolitico teso, l’ipotesi che si trattasse di una manovra per destabilizzare l’Occidente non è da escludere. Una spy story dai contorni sfumati, in cui verità e disinformazione si intrecciano ancora una volta.