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Ictus emorragico, il più letale. I primi sintomi (da non ignorare) del male silenzioso

Il decesso di Papa Francesco, avvenuto lo scorso 21 aprile presso la Domus Sanctae Marthae in Vaticano, ha riportato al centro dell’attenzione pubblica una patologia spesso sottovalutata ma tra le più gravi in ambito neurologico: l’ictus emorragico. Il Pontefice si è spento alle 7:35 del mattino, dopo un rapido peggioramento causato da un’emorragia cerebrale che ha provocato il coma e, infine, un collasso cardiocircolatorio irreversibile. A rendere ufficiale la notizia è stato il medico vaticano Andrea Arcangeli, direttore della Direzione di Sanità e Igiene.

L’ictus emorragico rappresenta circa il 10-15% di tutti i casi di ictus, ma è il tipo più pericoloso e letale. Si tratta di un evento improvviso in cui un vaso sanguigno cerebrale si rompe, riversando sangue nel tessuto del cervello. Questa condizione provoca un aumento improvviso della pressione intracranica e danneggia rapidamente le cellule nervose. A differenza dell’ictus ischemico, che è causato da un blocco del flusso sanguigno, quello emorragico comporta una vera e propria emorragia interna al cervello.

I sintomi che possono annunciare un ictus emorragico sono molteplici: si va dal mal di testa improvviso e violento, accompagnato spesso da nausea o vomito, alla perdita di coscienza, fino a deficit neurologici come paralisi, difficoltà nel parlare, confusione o perdita della vista. Tuttavia, in molti casi, l’evento si manifesta senza segnali premonitori evidenti, rendendo fondamentale l’intervento medico immediato. Nei casi più gravi, il decesso può avvenire entro un’ora dall’inizio del sanguinamento.

Le cause principali che predispongono a un ictus emorragico sono l’ipertensione arteriosa non controllata, la presenza di aneurismi, l’uso di farmaci anticoagulanti, malformazioni vascolari congenite e patologie del sangue che alterano la coagulazione. Papa Francesco, affetto da tempo da diabete e ipertensione, aveva un quadro clinico complesso che potrebbe aver aumentato il rischio di un evento vascolare di questa gravità.

I trattamenti in caso di emorragia cerebrale variano a seconda dell’estensione del danno e della localizzazione, ma nelle forme più gravi – come accaduto per Papa Francesco – è spesso difficile intervenire in modo efficace, anche in presenza di cure avanzate. Nei casi in cui il paziente sopravvive, il percorso di riabilitazione è lungo e impegnativo, con esiti neurologici spesso permanenti.

La morte del Pontefice ha suscitato grande commozione in tutto il mondo. Leader religiosi, capi di Stato e milioni di fedeli hanno espresso cordoglio e riconoscenza per l’eredità spirituale lasciata da Jorge Mario Bergoglio. La salma di Papa Francesco verrà esposta nella Basilica di San Pietro per permettere l’ultimo saluto, mentre il rito funebre solenne sarà celebrato nei prossimi giorni alla presenza di autorità civili e religiose internazionali. La sepoltura, come desiderato dallo stesso Francesco, avverrà nella Basilica di Santa Maria Maggiore, luogo particolarmente caro al Papa argentino fin dai primi giorni del suo pontificato.

L’episodio riporta l’attenzione sull’importanza della prevenzione e della gestione delle patologie cardiovascolari e neurologiche. La diagnosi precoce di ipertensione, il controllo glicemico nel diabete, e uno stile di vita equilibrato restano le strategie fondamentali per ridurre il rischio di ictus, che continua a rappresentare una delle principali cause di disabilità e mortalità nel mondo. Anche per questo, la morte di Papa Francesco potrebbe contribuire ad accendere un dibattito più ampio sulla salute pubblica e sulla fragilità delle persone anziane, non solo all’interno della Chiesa ma in tutte le società.

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