Un ritardo pericoloso
Il ritardo di Tesla nelle consegne di Model 3 rischia di offuscare notevolmente la fama accumulata dal gruppo nel corso di questi anni. Basti pensare che nel trimestre conclusosi a settembre il marchio avrebbe dovuto consegnare 1500 veicoli, mentre all’atto pratico soltanto 260 utenti sono entrati in possesso dell’auto nei tempi previsti.
Considerato che l’azienda californiana si propone di aumentare vertiginosamente i suoi ritmi produttivi si tratta di un biglietto da visita estremamente negativo, cui l’amministratore delegato Elon Musk sta cercando di ovviare coinvolgendo le concessionarie nell’assemblaggio delle auto che devono ancora essere consegnate.
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Tesla si trova ora ad un bivio
La Model 3 può già vantare mezzo milione di prenotazioni e si presenta quindi come un grande successo. Quello che sembrava un traguardo da sogno rischia però di tramutarsi in una sorta di incubo per il brand. I clienti che hanno già provveduto a versare la caparra rischiano quindi di mettersi al volante dell’auto con grave ritardo.
A tal proposito occorre segnalare come già sia stato posticipato al mese di marzo l’obiettivo iniziale che prevedeva la consegna di 5mila modelli a settimana. A lanciare l’allarme è stato il Financial Times, spiegando anche come tra le possibili strategie di uscita dalla crisi ci sia il recupero di una pratica ormai in disuso da tempo, ovvero l’affidamento alle concessionarie del montaggio di alcuni elementi.
In pratica, per recuperare il ritardo, Tesla invierebbe le auto ai rivenditori senza alcuni componenti, a partire da display e sedili, i quali sarebbero oggetto di assemblaggio da parte delle officine convenzionate.
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Quali sono state le cause?
La causa del ritardo di Tesla in questa occasione sarebbe stata individuata dal management in una serie di “colli di bottiglia” produttivi. A fornire questa spiegazione è stata una nota, la quale però non ha potuto impedire la rivalsa della Borsa, che nelle ore successive alla sua emanazione ha duramente penalizzato il titolo azionario.
Se quindi è stato individuato un possibile escamotage al fine di rendere più leggero il carico di lavoro nel sito produttivo di Freemont, lo stesso Financial Times si chiede però se una pratica di questo genere possa infine andare a scapito dei clienti, pregiudicando non solo la messa a punto conclusiva, ma anche le verifiche finali.
A rendere del tutto legittimo il quesito è quanto accaduto in Giappone, ove prima Nissan e poi Subaru sono state accusate di aver affidato i controlli precedenti all’uscita delle auto dagli stabilimenti a personale privo di una preparazione sufficiente.
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Anche i sindacati sono all’erta
Una questione che rischia di esplodere letteralmente tra le mani di Elon Musk, se si pensa che il numero uno di Tesla si trova in questo momento impegnato in una vera e propria battaglia con i sindacati.
Va infatti ricordato come la United Auto Workers (UAW) abbia già portato il marchio in giudizio di fronte al National Labor Relations Board, la corte che giudica i conflitti sui luoghi di lavoro, a causa dell’allontanamento di centinaia di addetti. Secondo il sindacato ad essere colpiti sarebbero stati proprio i lavoratori più vicini ad esso.
L’azienda respinge quanto affermato da UAW, ma in un momento di difficoltà le conseguenze di una simile battaglia potrebbero essere molto pesanti, soprattutto se il fronte si ampliasse, portando infine ad una situazione molto intricata e che quindi andrebbe assolutamente evitata.