Trump richiede la pena di morte per i terroristi
Pena di morte per coloro che si rendono responsabili di atti di terrorismo contro gli Stati Uniti d’America: questa è la risposta di Donald Trump all’attentato compiuto da un cittadino bengalese nel sottopassaggio della metropolitana di New York e che, tuttavia, non ha causato vittime.
Il Presidente americano, rinunciando per una volta alle esternazioni tramite il suo account su Twitter, ha consegnato a una nota ufficiale le riflessioni dopo l’ennesimo attacco da parte di un ”lupo solitario” non affiliato all’ISIS, ma comunque ispirato dalla retorica jihadista del sedicente Califfato Islamico: e, nel giro di poche ore, le sue parole hanno acceso un nuovo dibattito nell’opinione pubblica.
A rinfocolare tale dibattito sono state le prime dichiarazioni di Akayed Ullah a seguito dell’arresto: il ragazzo, rimasto ferito dalla deflagrazione del suo stesso ordigno, ha spiegato di avere agito per vendetta contro chi ha bombardato il Bangladesh, pur non riferendosi a nessun episodio conclamato.
Le precedenti dichiarazioni di Trump
È la pena di morte la soluzione ai ”malvagi atti di terrore” che, sempre con più frequenza, vengono perpetrati ai danni della democrazia americana: è questo, in estrema sintesi, il fulcro del comunicato che l’entourage di Donald Trump ha emanato a sole poche ore di distanza dall’attentato compiuto dal 27enne bengalese Akayed Ullah in uno dei sottopassaggi della metropolitana della Grande Mela che collegano le stazioni di Times Square e Port Authority.
Il riferimento di ”The Donald” alla pena di morte ha sollevato un piccolo caso politico, subito dopo che la suddetta nota era stata diramata ai principali media. Il Presidente degli Stati Uniti aveva spiegato che la soluzione andava applicata in quelli che lui ha chiamato ”i casi appropriati” e, di fatto, riprendendo quanto aveva detto in due precedenti occasioni, ovvero nel dicembre 2015 (quando era ancora lontana la sua elezione alla Casa Bianca) e poi ancora lo scorso novembre.
Nella prima circostanza, l’allora candidato repubblicano aveva avanzato la proposta di condannare a morte chiunque, terrorista o semplice delinquente, uccidesse un poliziotto mentre nella seconda si era rivolto espressamente a Sayfullo Saipov, l’attentatore di origine uzbeka che, con un furgone, aveva travolto e ucciso otto passanti su una pista ciclabile a New York.
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L’opinione pubblica americana si divide
Il dibattito sulla pena di morte, riaccesosi in questi giorni sui media e social network, divide l’opinione pubblica tra sostenitori della proposta di Trump e coloro che, invece, ne criticano la spregiudicatezza. Il 71enne magnate originario proprio di New York ha infatti spiegato che l’America deve rimanere ben salda contro il terrorismo e gli estremismi di qualsiasi matrice, auspicando che le istituzioni possano fare fronte a questi atti malvagi.
Non solo: a detta dell’inquilino della Casa Bianca, chiunque venga condannato per essere stato coinvolto in azioni terroristiche dovrebbe essere sanzionato con “le sentenze più severe” previste dalla legge, inclusa la pena capitale.
“Una dichiarazione pubblica di una persona così potente come il Presidente influenzerebbe di certo qualsiasi giuria”, aveva sostenuto già in passato Anna Cominsky, avvocato ed esperta di Diritto presso la New York Law School: a suo dire la legge americana, per quanto orribile sia un delitto, non funziona in questo modo e i messaggi come quelli di Trump potrebbero avere, al contrario, un effetto allarmante.
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