Le tecnologie digitali per il settore finanziario stanno imponendo all’economia globale una riflessione attenta e in alcuni casi un vero e proprio cambio di paradigma. Le criptovalute, le piattaforme gestite da algoritmi e intelligenza artificiale, nuovi e più veloci sistemi di pagamento elettronico, sono gli elementi cardine di quella che viene definita la rivoluzione fintech.
Il fintech, tecnologia finanziaria o tecnofinanza ,riguarda la digitalizzazione del sistema bancario e finanziario che usa la tecnologia per rendere il sistema stesso più efficiente. La tecnologia è entrata nel settore bancario e finanziario diciamo da subito e oggi ne è parte fondamentale. Il fintech ha subito una grande accelerazione nell’era di internet e del mobile e la crisi finanziaria del 2008 ha permesso alla tecnologia finanziaria di prendere il sopravvento e da qui molti utenti hanno compreso la lentezza del sistema bancario classico e la celerità invece del settore Fintech.
La crisi delle banche entra in una fase più avanzata con la direttiva comunitaria, che spalanca le porte del credito alla fintech. E i colossi della Silicon Valley fiutano il business. Ad oggi, la banca tradizionale gode di un vantaggio competitivo rispetto alle società di fintech: il rapporto personale con il cliente e il possesso di dati sul suo conto. Viceversa, le seconde posseggono un vantaggio competitivo sul piano della tecnologia.
Grazie alla direttiva comunitaria, questi due mondi potranno iniziare a mescolarsi, anche se il cambiamento sarà probabilmente lento per effetto sia della volontà delle banche di non scoprirsi molto in favore delle nuove rivali, sia della loro incapacità o impossibilità o mancata volontà di investire adeguatamente nel salto tecnologico.
I marchi potenti come Apple, Amazon, Google e Facebook, sono i veri concorrenti con milioni di utenti, relazioni internazionali e tecnologia. Il loro obbiettivo è trattenere clienti nel loro spazio virtuale, anche quando pagano o chiedono un prestito. E naturalmente per arricchire il proprio bagaglio già enorme di dati da vendere alle aziende. Detto ciò, può affermarsi che molte società hi-tech, su questo fronte, hanno lanciato la sfida. Il pressing, anche grazie alla maggiore digitalizzazione dell’economia e della vita quotidiana, esiste. Secondo un sondaggio, in Italia circa l’82% delle banche esprime preoccupazione per l’impatto delle FinTech su parte del proprio business (a livello globale la percentuale sale al 93%). Non solo: gli istituti finanziari, nel mondo, indicano che il 24% dei loro ricavi potrebbe andare perso, nel prossimo quinquennio, a causa delle aziende hi-tech.
Un’era, comunque vada, sta per finire, la realtà del mercato del credito sta cambiando. I colossi internazionali di internet, da Amazon ad Alibaba, passando per Paypal e Facebook, solo per citarne alcuni, stanno da tempo insidiando il business delle banche, offrendo servizi concorrenti. Negli USA, ad esempio, già è possibile per gli utenti iscritti al social network spedire denaro ai propri contatti. E il colosso americano delle vendite online ha aperto un suo servizio Amazon Lending, che fa credito ai suoi rivenditori più fedeli, con il duplice risultato di fare soldi prestando denaro e di stringere ancora più a sé il variegato mondo del commercio.
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E Alibaba ha appena stretto una partnership con Unicredit per consentire ai turisti cinesi in Italia di utilizzare una propria app per effettuare pagamenti. Si chiama Alipay e già conta 450 milioni di utenti in Cina, praticamente lo stesso numero dei residenti nella UE, Regno Unito escluso.
Nelle banche questa innovazione diventa non una peculiarità da non portare avanti ma diventa l’unico elemento di competizione del futuro. Sempre più le persone non si recheranno presso gli sportelli delle banche ma continueranno a fare la loro attività online e questo fa si che le banche dovranno trasformarsi. Una realtà dirompente che dimostra come la variante digitale del denaro, potrebbe aprire un nuovo capitolo nel grande libro della politica monetaria.