Quante volte abbiamo letto commenti a dir poco critici sull’uso improprio dei social network, in particolare per i giovani?
Il numero uno di Facebook Mark Zuckerberg si difende e prende posizione a riguardo:
“Sto cambiando l’obiettivo che offro ai nostri team di prodotto, concentrandomi nell’aiutarli a trovare contenuti pertinenti ad avere interazioni sociali più significative.
Mi aspetto che la quantità di distribuzione per gli editori diminuirà perché molti contenuti dei publisher sono solo passivamente consumati e non discussi. Il tempo complessivo su Facebook diminuirà, ma pensiamo che questa sia la cosa giusta da fare”.
Zuckerberg ha quindi deciso un cambio di rotta: la priorità andrà agli amici e ai post, quindi alle discussioni e meno alle notizie, in particolare agli annunci visualizzati.
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Le conseguenze
Chi perderà in tutto questo? Gli editori, in quanto le notizie vendibili come video o articoli diminuiranno e saranno meno spendibili commercialmente.
Secondo una ricerca effettuata da TechCrunc.com poche settimane fa, risulta che portare avanti discussioni e commenti con gli amici stimoli sentimenti positivi rispetto alla semplice fruizione di contenuti.
Zuckerberg afferma infatti che: “proteggere la nostra comunità è più importante che massimizzare i nostri profitti”. Aggiunge inoltre la propria consapevolezza: “ci sentiamo responsabili di garantire che i nostri servizi non siano solo divertenti da usare, ma anche utili per le persone. Ora voglio essere chiaro: apportando questi cambiamenti, mi aspetto che il tempo che la gente trascorrerà su Facebook e alcune misure di impegno diminuiranno. Ma mi aspetto anche che il tempo che dedichi a Facebook sarà più prezioso”.
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La condivisione
Si sbilancia a piccole dosi il papà di Facebook, ma la scelta di apportare dei cambiamenti è arrivata come una vera e propria analisi di coscienza.
A quanto pare abbiamo più bisogno di amici che di notizie per il nostro benessere. Visto l’incremento di contenuti negli ultimi tempi, Zuckerberg dichiara esplicitamente: “Dal momento che ci sono più contenuti pubblici che post di amici e familiari, il saldo di ciò che è contenuto nel feed delle notizie si è spostato dalla cosa più importante che Facebook può fare: aiutarci a connetterci gli uni con gli altri”.
Questo l’augurio di Zuckerberg, perla rara nella logica del profitto odierno, che ha affermato pubblicamente di voler indebolire la propria attività per garantire ai clienti uno stile di vita più sano.
E gli editori?
Commercialmente Facebook subirà una brutta batosta e con esso tutti gli editori che pensavano di aver trovato un canale imbattibile per diffondere notizie, la più importante destinazione di informazioni.
Il social network aveva infatti creato un sistema di guadagno attraverso i contenuti degli editori che decidevano di sponsorizzare i propri argomenti: si paga per incrementare il traffico di visualizzazioni e valorizzare l’audience.
Ma adesso che Zuckerberg ha fatto marcia indietro e ha deciso di tornare agli albori mettendo al primo posto la condivisione anzichè il guadagno sponsorizzato, gli editori si sono sentiti traditi.
“Alcune pagine potranno notare una decrescita della reach, del video watch time e del traffico referral a causa degli aggiornamenti nei prossimi due mesi. L’impatto potrà variare da pagina a pagina a seconda di fattori come il tipo di contenuto prodotto e le modalità di interazioni che attira”, afferma Zuckerberg nella lettera agli editori.
Di conseguenza anche le visualizzazione del traffico sui siti di riferimento dei vari editori, prima sponsorizzati sulle rispettive pagine Facebook, subiranno un calo decisivo. Infine è previsto un rialzo dei costi per le sponsorizzazioni sui post.
Si torna quindi alla forma originale, non solo di Facebook, ma di tutta l’editoria web che d’ora in poi imparerà a non fare affidamento esclusivamente sul social network.
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Quanto ha perso Facebook con questa manovra?
Dopo l’annuncio dato da Zuckerberg tramite social la scorsa settimana, il titolo Facebook è sceso del 4,47% sul listino del Nasdaq. Ciò significa che vale circa 179,37 dollari ad azione, un calo senza dubbio significativo in quanto si traduce in una perdita perdita di 3,3 miliardi.