Il digitale sta rivoluzionando il volto dell’economia al punto che diventa sempre più difficile tracciare linee di confine tra mondo fisico e tecnologico. Stiamo attraversando la cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, definita anche Industria 4.0 che si basa sull’integrazione delle nuove tecnologie nei diversi processi produttivi. Stampanti 3D, IoT, big data, smart manufacturing, open data, cloud computing e robotica sono soltanto alcune delle innovazioni che stanno contribuendo a ridisegnare il modo di fare impresa, creando opportunità per sviluppare business model completamente nuovi.
Si sente spesso parlare di Industria 4.0, di Internet of things o di quarta rivoluzione industriale: cerchiamo di capire meglio cosa s’intende nel concreto e quali possono essere gli effetti sul piano economico e dell’occupazione.
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Cosa vuol dire Industria 4.0
Con la definizione di Industria 4.0 si fa riferimento ad un nuovo modello di gestione aziendale che si basa sulla connessione tra sistemi fisici e digitali ovverosia l’integrazione tra i macchinari necessari alla produzione e la loro connessione al web.
Il termine fu utilizzato per la prima volta durante una fiera sulle tecnologie industriali in Germania e non a caso il paese è quello più all’avanguardia in questo settore grazie alla sua capacità di sapere coinvolgere gruppi industriali, startup tecnologiche e poli di ricerca universitaria, agevolati da una serie di misure specifiche.
l’Industria 4.0 è espressione del cambiamento profondo che il mondo della produzione sta vivendo grazie all’ integrazione delle smart technologies nei processi industriali manifatturieri.
Come si è arrivati all’industria 4.0
Finora le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione; nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica; nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology). La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora stabilita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile indicarne l’atto fondante.
In che modo l’industria 4.0 cambierà il mondo del lavoro
Secondo la ricerca “The Future of the Jobs” presentata al World Economic Forum, fattori tecnologici e demografici come il cloud, l’IoT e la flessibilità del lavoro, stanno già influenzando le dinamiche economiche e lavorative e ciò aumenterà nei prossimi 2-3 anni. Il principale effetto sarà la creazione di nuovi posti di lavoro che andranno a ricoprire ruoli prima sconosciuti (si parla di circa 2 milioni di nuovi posti), a cui corrisponderà, nel contempo, la perdita di circa 7 milioni, generando un saldo netto negativo di oltre 5 milioni di posti di lavoro.
La situazione in Italia
L’Italia ne esce con un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), meglio di altri Paesi come Francia e Germania. A livello di gruppi professionali le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti. Secondo la ricerca compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management, l’informatica e l’ingegneria. Cambiano di conseguenza le competenze e abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività.
In realtà, nonostante l’impegno dimostrato dal governo, l’Italia appare ancora molto in ritardo sull’Industria 4.0. Alla crescente consapevolezza di imprenditori e manager dell’importanza di evolvere nell’ottica di un’Industria 4.0 non corrisponde un’adeguata riorganizzazione delle aziende, dei processi, della formazione. La sfida è ormai in corso, sta alle PMI italiane sapere cogliere i benefici dell’Industria 4.0, attuando iniziative per la formazione dei lavoratori e per lo sviluppo dell’innovazione digitale nei processi dell’industria manifatturiera, in modo da ridurre il gap nei confronti di altre PMI come quelle tedesche.
Una ricerca dell’università di Padova su 600 PMI del Nord rivela che l’adozione di tecnologie tipiche dell’Industria 4.0 è partita da molti anni, non ha portato a licenziamenti e ha fatto aumentare la redditività. Il primo obiettivo? Migliorare il rapporto con i clienti e diversificare i prodotti. Solo un’azienda su cinque, nel Nord Italia, nei settori della meccanica, moda e arredo, ha tecnologie dell’Industria 4.0. È un dato basso ma è più importante sapere che queste aziende hanno risultati tangibili in termini di redditività, hanno le idee chiare sui vantaggi strategici da ottenere e, soprattutto, non hanno bruciato alcun posto di lavoro a seguito dell’adozione dei macchinari avanzati.
Questo sguardo lungo permette di dare segnali molto rassicuranti relativi al lavoro: tra le imprese che hanno adottato le nuove tecnologie, solo il 2% dichiara che l’investimento sulle nuove tecnologie ha avuto come impatto una diminuzione degli occupati. Ben il 40% dichiara che l’impatto è stato un aumento degli occupati, mentre poco meno di sei su dieci ritiene che il risultato sia stato una stabilità del lavoro.
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Come si spiega questo dato?
Per avere una risposta bisogna scandagliare le motivazioni che portano all’adozione dei macchinari innovativi. L’ottenimento più efficienza è solo al secondo posto tra le motivazioni. Al primo c’è la volontà di migliorare il servizio al cliente. È un dato che si lega agli impatti ottenuti a seguito dell’introduzione della tecnologia: i primi tre risultati vedono appaiati l’aumento della produttività, l’efficienza e l’incremento della qualità del servizio al cliente. Non solo: viene anche aumentato il valore legato al prodotto in termini di personalizzazione (grazie alla co-progettazione), di servizi collegati e tracciabilità e di controllo sul prodotto.
I segnali positivi dunque ci sono, ma non possono nascondere i molti limiti che emergono dalle risposte di chi dichiara di non adottare le nuove tecnologie. La prima delle motivazioni è la convinzione che queste tecnologie non siano di interesse per il business aziendale (66%). La seconda è che le imprese si chiamano fuori dagli investimenti perché si vedono come imprese troppo piccole (27%). Oltre il 90% delle imprese non adottanti rientra nella classe delle micro e piccole imprese. Spetterà alle edizioni successive della ricerca vedere se il piano di incentivazione pubblica ha contribuito a un cambio di passo che oggi si vede solo in parte.
Il Piano nazionale Industria 4.0
Il Piano nazionale Industria 4.0 – che nel 2018 diventa Impresa 4.0 – intende promuovere lo sviluppo tecnologico, l’innovazione e la digitalizzazione delle imprese italiane. La modernizzazione dei processi produttivi è, infatti, uno strumento essenziale attraverso cui le piccole e medie imprese possono guadagnare competitività sui mercati internazionali. Il presupposto di I4.0 è il Piano per la banda ultra larga, grazie cui l’Italia ha avviato il necessario ciclo di investimenti per garantire su tutto il territorio nazionale adeguata connettività.
Le misure introdotte nella Legge di Bilancio 2017, e rafforzate in quella per il 2018, fanno leva prevalentemente su incentivi automatici a vantaggio delle imprese che investono. Sono previsti inoltre molti strumenti per favorire la conoscenza delle opportunità esistenti e aiutare le imprese a individuare quali tecnologie e quali vantaggi fiscali possono utilizzare. Un impegno rilevante, quello del governo, poco meno di 10 miliardi di euro, a partire dal 2018, per il piano Impresa 4.0 tra decreto fiscale e legge di bilancio, senza contare le risorse per il credito d’imposta in Ricerca e Sviluppo previste nella scorsa legge di bilancio.
Nel dettaglio:
-7,8 miliardi per il rinnovo iper e super ammortamento
-250 milioni per il credito di imposta per la formazione su tecnologie 4.0
-95 milioni per incrementare il numero di studenti degli ITS
-300 milioni per il Fondo per il capitale immateriale
-330 milioni per il rifinanziamento della nuova Sabatini
-830 milioni per il Fondo di Garanzia per le pmi
-230 milioni per il Piano straordinario Made in Italy per aiutare le aziende a penetrare e essere competitive sui mercati esteri.
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