Migliorare la propria credibilità e fiducia è l’obbiettivo principale di molti imprenditori. Oggi più che mai è necessario accedere a conoscenze specializzate, condividere investimenti per ridurre i rischi e cercare sinergie commerciali e produttive per limitare i costi. Una soluzione a queste esigenze viene dai business cluster.
La parola “cluster” (che in inglese vuol dire grappolo) identifica le concentrazioni geografiche di aziende e istituzioni che operano in certi settori in maniera interdipendente. Nonostante i mercati siano più aperti di un tempo e le comunicazioni più facili e veloci, il luogo dove si opera conta ancora molto. È interessante a questo proposito citare lo stilista Ottavio Missoni che in una recente intervista ha dichiarato come la sua mossa migliore nel campo degli affari sia stata portare molti anni fa la sua impresa a Varese, dove c’erano le competenze per farla decollare.
Cosa sono i cluster
I cluster sono gruppi di imprese specializzate – spesso pmi – e altri attori che collaborano insieme in una particolare località. Lavorando insieme, le compagnie possono essere più innovative, creare più posti di lavoro. La mappa economica del mondo di oggi è caratterizzata da cluster. Un cluster è una concentrazione geografica di aziende, organizzazioni e istituzioni collegate in un particolare settore che possono essere presenti in una regione, stato o nazione. I cluster nascono perché aumentano la produttività di un’azienda, influenzata dalle risorse locali e dalla presenza di aziende, istituzioni e infrastrutture simili che la circondano. I cluster possono migliorare la competitività nell’economia di oggi sempre più complessa.
Leggi anche: Idee di business: 6 tra le più bizzarre ma di grande successo
Quali sono le tipologie distrettuali dei cluster
Le tipologie distrettuali sono molte. In Italia ad esempio vanno dal distretto della liuteria di Cremona a quello agroalimentare di Parma, dalla seta a Como ai divani di Matera. Alcuni distretti vanno bene magari grazie alle capacità di un certo numero di famiglie imprenditoriali, mentre altri rischiano di soccombere alla concorrenza internazionale. Alcuni stanno aprendosi all’innovazione e all’internazionalizzazione e altri si focalizzano sulla tradizione o sul marchio d’origine sperando di frenare così l’avanzata dei concorrenti.
Questo modello economico non è rilevante solo per le industrie del mobile o della moda, ma si ritrova nei poli di alta tecnologia come ad esempio la Silicon Valley in California, il Cambridge Technology Park in Inghilterra e l’area delle micro-nanotecnologie di Grenoble in Francia. Settori avanzati come le biotecnologie, l’aerospaziale e le nanotecnologie sono fortemente dipendenti dagli sviluppi della scienza e della tecnologia. Pertanto questi tipi di cluster nascono intorno ai grandi poli dell’università e della ricerca. Essi sono spesso il risultato di una concertazione o perlomeno di attività sinergiche tra le istituzioni pubbliche, quelle accademiche e il mondo delle imprese.
Leggi anche: Come valutare un’idea di business prima di avviare l’impresa
Il vantaggio del cluster
Unendo le forze, le imprese sono in grado di trarre vantaggio da cose come il pool di competenze e i lavoratori qualificati del vicinato; il suo facile accesso ai fornitori di componenti e i suoi canali di informazione. I moderni cluster high-tech spesso si riuniscono intorno a prestigiose università le cui ricerche possono essere portate avanti. La Silicon Valley è vicino all’Università di Stanford, ad esempio, e cluster tecnologicamente simili sono riuniti intorno al MIT vicino a Boston negli Stati Uniti e all’Università di Cambridge in Gran Bretagna. I cluster tecnologici si caratterizzano per la vivacità non solo delle idee, ma anche delle iniziative; infatti il loro sviluppo economico si fonda sulla nascita di numerose start-up che perseguono business innovativi. Una gran parte non riesce a crescere come sperato, ma quelle che ce la fanno diventano le grandi imprese di domani.
Il grande vantaggio dei cluster è che ognuno di essi costituisce un eco-sistema dove si trovano competenze e risorse quali personale, scuole e fornitori specializzati. Inoltre i rapporti di collaborazione sono facilitati dalla consuetudine e dalla fiducia reciproca che vengono dalla vicinanza geografica, i contatti personali e la condivisione di una cultura. Questo insieme di fattori crea opportunità non solo per brillanti inventori, ma per tutti coloro che abbiano qualche prodotto o servizio da offrire alle organizzazioni presenti nel cluster. È dimostrato che le aziende che operano nelle aree distrettuali crescono mediamente più delle altre, e che chi ci lavora guadagna di più.
Non meraviglia che molte aziende si spostino verso i cluster più attivi. Ciò non limita la libertà d’impresa, poiché nei distretti le aziende sono sottoposte a competizione, cioè coesistono meccanismi competitivi e (stabilmente o episodicamente) collaborativi. I cluster di imprese innovative rappresentano un’opportunità per tutti: per le amministrazioni locali, che possono guidare strategicamente lo sviluppo locale verso il rinnovamento delle produzioni tradizionali, per le università e i laboratori, che possono dare un’applicazione concreta all’impegno dei loro ricercatori e per le imprese che nei cluster trovano competenze, risorse e sinergie per innovare ed espandersi nei mercati nazionali e internazionali. In tempi di recessione diventa imperativo “fare sistema”. L’esperienza secolare dei distretti ci indica una via che oggi va percorsa con un approccio sistemico. Le aziende italiane, operando nei cluster, potranno affrontare l’economia globale sfruttando al meglio i vantaggi competitivi che dipendono da fattori locali come la conoscenza, le relazioni e la motivazione.
Leggi anche: Business model: la strategia di Nespresso per diventare l’Apple del caffè