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Imprenditoria femminile, l'unione europea supporta la diversity

Oggi le donne si trovano ad affrontare percorsi sempre più difficili per raggiungere un concreto obiettivo professionale.

Il mondo del lavoro si mostra con un approccio maschile e maschilista, e il problema conseguente è che questo contesto non giova a nessuno: non giova alle donne, che in questo modo vengono precluse da un contesto dove potrebbero affermarsi e far valere le proprie competenze; non giova all’aziende stesse, che in questo modo tagliano fuori parecchio talento e capacità a dir poco competitive; non giova ai colleghi maschi, che in questo caso perdono la possibilità di misurarsi, crescere, imparare e competere con chi può portare numerosi vantaggi, sopratutto a livello economico.

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Disparità maschile-femminile

Il quadro è sconfortante, ma il grave problema è che è così dappertutto, non solo da noi. L’Italia è sempre bistratta, in particolare dai suoi abitanti, che la reputano sempre un passo indietro rispetto agli altri paesi occidentali. In alcuni settori è effettivamente così, ma in un contesto più generale i paesi sviluppati sono accomunati sia dagli stessi privilegi sia dagli stessi problemi.

Il numero, in percentuale, delle donne nel mondo del lavoro e più nello specifico, ai vertici delle aziende sono bassi ovunque. Nonostante la rivoluzione culturale, la liberazione dai dogmi del patriarcato, la conquista di diritti sociali, il mondo professionale contemporaneo gode ancora poco della qualità e del talento professionale femminile.

C’è un gap enorme tra il conseguimento di diplomi, lauree e specializzazioni conseguite da donne con voti più alti rispetto agli uomini e l’effettiva occupazione nel mondo del lavoro, a vantaggio dei colleghi maschi.

Perché la parte femminile, più istruita e preparata, non trovo lo sbocco corrispondente una volta fatto l’ingresso nel mondo lavorativo? Perché i maschi continuano a ricoprire ruoli dirigenziali nonostante numerose statistiche affermino che favorire la gender diversity migliora le performance dell’azienda?

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L’esempio dell’Italian Business Angels Network

Una nota senza dubbio positiva è arrivata dal Survey IBAN 2017, che ha sottolineato come sia cresciuto il numero delle donne imprenditrice capaci di investire in altre imprese. Infatti l’anno scorso un investimento su 4 è stato realizzato da una donna. Diventare “Business angel” rappresenta in effetti un’ottima opportunità per restare aggiornate su ambiti come startup e tecnologia, un modo utile di investire capitale nelle società prescelte. I numeri dunque parlano chiaro: pare che né lo Stato né le aziende siano incentivate a colmare il gap.

Le quote rosa hanno certo dato un aiuto, ma di fatto quella da cambiare è la mentalità della società. Per questo anche l’Europa sta cercando di correre ai ripari, formando progetti capaci di sensibilizzare sia il pubblico femminile, sia quello maschile.

Dove intervenire? Ambiti e necessità di intervento

imprese-donne-rischi-ed-ostacoliSulla fornitura di modelli con cui identificarsi, aumentando le informazioni sul tempo a disposizione e rafforzando le proprie capacità e permettendo anche ad ambiti ritenuti prettamente maschili come il mondo finanziario di aprire le porte al vantaggio comprovato della diversity.

Infine esiste la reale necessità di abbattere i pregiudizi, investendo fondi di venture capital in startup di ogni tipologia, rischiando e puntando su progetti e iniziative promosse dall’imprenditoria femminile.