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Cina: il Grande Dragone cinese si mangerà gli Stati Uniti nel settore tech

La Cina ha superato gli Stati Uniti nel finanziamento delle startup votate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA). Lo scorso anno le startup cinesi dell’Ia hanno ottenuto quasi la metà  del totale dei fondi riversati a livello mondiale in questo settore, superando quelle statunitensi e posizionando Pechino come leader in questo ramo rivoluzionario del progresso tecnologico. In totale, le startup di tutto il mondo votate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale hanno raccolto lo scorso anno 15,2 miliardi di dollari, stando ai dati pubblicati dalla società Cb Insights. Il 48 per cento di questa cifra e’ andato alle startup cinesi, contro appena l’11,6 per cento del 2016. Gli Usa si sono piazzati secondi con un percentuale del 36 per cento. Un recente articolo della CNBC riporta una notizia particolarmente importante. Gli investitori della Silicon Valley sono preoccupati che il settore tecnologico cinese avanzerà. La Cina presto supererà gli Stati Uniti in aree come l’intelligenza artificiale e i veicoli autonomi. Gli indizi a favore di questa teoria secondo molti sono già sotto i nostri occhi. Ad esempio, la percentuale cinese di venture capital al momento si aggira attorno al 24% ed è in vertiginoso aumento rispetto al 5% di solo qualche anno fa. Oltre a questo, due compagnie cinesi – Didi Chuxing and Xiaomi – hanno raggiunto una valutazione complessiva superiore al miliardo di dollari.

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Pechino punta a diventare il leader globale dell’intelligenza artificiale

 

Riconoscimento facciale, videosorveglianza, modelli predittivi, social credit, lettori cerebrali applicati ai lavoratori, grande spinta sui semiconduttori: tutti elementi che hanno trovato spazio sui media occidentali riguardo la corsa cinese verso l’intelligenza artificiale. Ma il piano è molto più ampio, perché la Cina non mira solo a diventare leader del mercato mondiale dell’intelligenza artificiale, la Cina ha già autorizzato l’uso delle prove derivanti da AI nei tribunali – a Shanghai -, presto la introdurrà per predire proteste sociali e la inserirà nella vita di tutti i giorni dei suoi cittadini per quanto riguarda, burocrazia, sanità e lavoro. Pechino punta a diventare il leader globale dell’intelligenza artificiale. Non è solo business.

Ciò che motiva il giudizio dei venture capitalist californiani riguardo al “grande balzo in avanti” della Cina rispetto all’America nel settore tech sono due fatti. Primo, la Cina possiede il più grande numero di graduates del mondo (circa 8 milioni, secondo la rivista Forbes) e, in particolare, il più alto numero di STEM graduates (4,7 milioni, sempre secondo Forbes), ovvero di chi ottiene un titolo di studio in Science, Technology, Engeneering and Mathematics (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). L’importanza di questo dato risiede nel fatto che i neolaureati, specialmente in materie STEM, sono la pietra su cui il settore tecnologico costruisce la propria crescita futura. Secondo, come riporta Venturebeat, il governo cinese è molto più efficiente di quello americano nella rimozione degli ostacoli e regolamentazioni per quanto riguarda la ricerca nel settore tecnologico, specialmente nell’ambito dei veicoli a guida autonoma.

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Per quanto riguarda il primo punto, ovvero il settore dell’educazione in Cina, il prof. Carl Minzner,  professore di legge alla Fordham University,  muove due osservazioni. La prima è che i neolaureati cinesi non cercano più lavoro nel settore privato (e, dunque, nelle startup) ma piuttosto nel settore pubblico e, in particolare, nelle famose aziende di proprietà statali, le cosiddette SOEs (State Owned Enterprises). Queste non sono buone notizie perché le SOEs consumano facilmente il credito concessogli dalle banche cinesi che potrebbe andare a finanziare nuove startup, oltre a generare un’enorme livello di debito a causa della loro proverbiale inefficienza.

La seconda è che anche se il numero di neolaureati in Cina è salito vertiginosamente, come correttamente riporta la rivista Forbes, questo non ha portato ad un miglioramento effettivo delle loro condizioni post laurea. Ad esempio, il prof. Minzer sottolinea come se nel 2000 chi in Cina aveva una laurea in Computer Science guadagnava 10 volte di più di chi aveva un diploma di high school, questo numero è sceso nel 2013 a 2 volte e potrebbe scendere ancora in futuro. Minzer rileva quanto segue. Credere che il sistema burocratico cinese sia molto più efficiente di a quello americano è pura illusione. Secondo la sua analisi, infatti, a partire dal 2000 la Cina ha compiuto “one step forward, one step back” (un passo avanti e uno indietro) riguardo alla creazione di meccanismi di governance maturi ed efficienti.

In conclusione, per tutte queste ragioni si può dire che mentre i venture capitalists della Silicon Valley vedono un sorpasso del Grande Dragone cinese sull’Amercica e sulla California i China experts sono alquanto scettici. Forse non ci resta altro da fare che stare a vedere a quali dei due la storia darà ragione.

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