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Diversity, come cambia l’ecosistema tecnologico di New York secondo Maya Wiley

Oggigiorno si parla moltissimo di gender divesity e della conseguente inclusione delle donne e delle minoranze etniche nei più svariati ambiti professionali.

Come si ottengono maggiori risultati, come si cresce, come si formano nuovi talenti?

Sembra essere questa la sfida più interessante, ma anche la più pressante che il mondo occidentale si pone. Se lo sta chiedendo, in particolare, uno degli ecosistemi tecnologici più progressisti del mondo come quello di New York.

Infatti, secondo i dati degli osservatori della Grande Mela, invece di cercare di attirare talenti da altri stati, i fondatori di New York dovrebbero collaborare con il governo locale per sostenere l’attuale pipeline di talenti.

Perché non è già così?

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Donne e minoranze non sono sfruttate a dovere

Il più grande ostacolo per coloro che creano lavoro in ambito tecnologico a New York non è una carenza di finanziamenti di capitale di rischio né di incentivi governativi. Piuttosto, si tratta di un problema relativo alle pratiche di assunzione, che vedono un numero sproporzionato di donne e persone di colore tagliate fuori ingiustamente dal contesto lavorativo.

Maya Wiley, attivista per i diritti civili e professoressa di pianificazione urbana presso la New School ha discusso di questo e altro al Northside Festival di Brooklyn. Durante il suo intervento ha mostrato la possibilità di attivare i cosiddetti “moonshots” imprenditoriali nella Grande Mela. D’accordo con lei una schiera di personalità importanti, che ne condividono progetti e intenzioni. Tra queste Beth Comstock, ex vicepresidente della General Electric; Marie Berry, co-fondatrice dell’agenzia digitale Chinatown Bureau; Jeremy Goldberg, CTO dell’ufficio del sindaco di New York City; e Jake Horowitz, co-fondatore del sito di notizie Mic.

Dobbiamo sfidare noi stessi intorno alla razza e al genere. Se non investiamo nella creazione di comunità sostenibili, stiamo perdendo parte di ciò che ci rende attraenti come città“, ha affermato la Wiley, sottolineando che, nonostante la relativa diversità della Grande Mela, le persone di colore rappresentano ancora solo una frazione del totale della forza lavoro tecnologica. E, mentre gli sforzi per includere la diversità in tutto il settore sono in stallo (un esempio calzante è dato dalla  Silicon Valley, dove alcune stime suggeriscono che il numero di specialisti neri e latini è in realtà diminuito, piuttosto che aumentato), il consiglio della Wiley è fare qualcosa che gli imprenditori di tutto il mondo dovrebbero avere a cuore, per gli altri e per loro stessi: includere e sostenere la diversity. 

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Diventare innovatori sociali

La Wiley non si limita solo a dare consigli, ma offre spunti concreti. Punta infatti a condividere importanti progetti come NYCx Co-Lab , il laboratorio di innovazione a Brownsville, Brooklyn, dove i residenti lavorano per creare soluzioni ai problemi locali. Dal suo lancio lo scorso anno, NYCx Co-Lab ha contribuito a lanciare un sistema intelligente per il riciclaggio di energia solare, che fungono anche da stazioni di ricarica. “Non stiamo facendo tutto questo insieme, e falliremo se non scopriremo come tutti possono diventare innovatori sociali. Le persone nelle comunità sottoservite si considerano imprenditori. La domanda è: cosa possiamo fare per gli altri?

Le donne afro-americane sono attualmente la parte imprenditoriale con la crescita più rapida negli Stati Uniti. Eppure occupano ancora solo il 14% circa di tutte le aziende statunitensi e catturano meno dell’1% dei finanziamenti di venture capital. Nella città di New York, appena il 40 percento dei dipendenti tecnici della città sono donne, mentre solo un quinto sono persone di colore: questi i dati più recenti, resi disponibili dalla Federal Reserve Bank di New York e dal Centro per il futuro urbano. Sicuramente l’area tecnologica di New York può vantare modelli più vari e completi rispetto all’ecosistema tecnologico della Silicon Valley, ma la strada per l’inclusione della diversità è ancora lunga e piena di pregiudizi.

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L’esempio del Chinatown Bureau

Marie Berry, Co-founder del Chinatown Bureau, ha fatto eco all’appello di Wiley per la creazione di un ambiente tecnologico più inclusivo, e si esposta a suo favore: “Dal nostro punto di vista, è importante creare non solo una soluzione tecnologica per l’élite, ma riuscire a portare innovazione alle masse“, ha dichiarato al Northside Festival. Chinatown Bureau ha lavorato per le comunità poco servite nei cinque distretti più grandi di New York, costruendo ad esempio opere funzionali come stazioni di City Bike.

Alla fine, tutti coloro che hanno partecipato all’evento hanno concordato sul fatto che il governo e le imprese locali devono collaborare per trovare soluzioni adeguate, abbattendo stereotipi negativi:  Le città possono fare molto quando pensano in modo creativo su come spendere, e abbiamo bisogno di farlo insieme al settore privato, perché non possiamo puntare solo sugli incentivi governativi”, ha ribadito infine la Wiley. Le intenzioni sono dunque propositive e con la recente nascita dei movimenti di lotta per l’inclusione delle donne e per il rispetto delle minoranze, speriamo giunga presto un buon esempio dalla città di New York che possa influenzare bene anche gli altri settori professionali.

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