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Come comportarsi al lavoro: perchè essere buoni è sbagliato

Sarà capitato, almeno una volta nella vita, di chiedersi quale sia l’atteggiamento migliore da tenere sul lavoro: essere buoni o essere cattivi? Cosa rende migliori le performance, ma soprattutto come viene recepito l’atteggiamento da capi e colleghi?

Il sentire comune delle persone che lavorano in azienda è univoco: alla domanda con chi preferiscono lavorare, è  scontata perchè tutti scelgono le persone buone a quelle cattive, le persone di buonumore a quelle nervose ed agitate. Ma questo è ciò che la gente dice di preferire, a parole. Nei fatti? É esattamente il contrario.

Perché?

Spesso, negli ambienti lavorativi, chi è troppo buono e si comporta con gentilezza ed altruismo, può  incontrare atteggiamenti ostili: di cattiveria, invidia, gelosia, che molto spesso si traducono in pugnalate alle spalle.

Ma secondo un recente studio canadese, di analisi psicologica, ci sono specifiche ragioni per cui i nostri ideali dichiarati non riescono a combaciare con le azioni nella vita quotidiana, in quanto la bontà può effettivamente apparire minacciosa sul lavoro.

Eppure, fin da piccoli, siamo abituati a guardare film e leggere libri dove i supereroi vincono sui cattivi e dove i cattivi comprendono bene quale sarà la loro fine. Ma cosa ci si aspetta invece dai comuni mortali? Perché un conto è essere un supereroe, un altro è essere privi di poteri, se non la buona volontà di andare d’accordo gli uni con gli altri. 

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Perchè il nostro ruolo professionale è diverso dalla vita reale

La vita professionale risulta però un po’ differente da quella reale: ognuno cerca di impersonare un ruolo diverso, tra cui anche quello del “supereroe”. Il professore di psicologia Pat Barclay e i suoi collaboratori hanno scoperto una serie di reazioni conducendo un esperimento sociologico: portare i soggetti di studio in un laboratorio a svolgere una serie di giochi economici. Il professore ha potuto vedere che i colleghi eccezionalmente generosi e laboriosi hanno fatto in modo che coloro che li circondano abbiano un aspetto negativo. La loro superdipendenza dal lavoro e la produttività ha sfidato infatti gli altri dipendenti ad esibirsi allo stesso livello, con la conseguenza di aver suscitato solo brutte reazioni. 

La maggior parte delle volte ci piacciono e scegliamo i collaboratori, i bravi ragazzi”, ha commentato Barclay, ma quando le persone si trovano in ambienti competitivi come molti uffici di diversi settori, il comportamento si inverte. “Le persone odieranno i veri bravi ragazzi: questo schema è stato trovato in ogni cultura in cui è stato applicato“. In ambienti particolarmente difficili, poi la situazione si aggrava e le persone non si rendeno più conto che così facendo danneggiano il gruppo nel suo insieme.

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Come combattere contro l’effetto anti-bene

La ricerca di Barclay non è stata progettata per suggerire strategie verso coloro che sono stati colpiti da questa “cattiva” tendenza umana a punire il buono e il bello nel settore professionale.

Potrebbe essere d’aiuto ribaltare la posizione di coloro che criticano: stanno solo attaccando gli altri per evitare di sembrare cattivi”, questa almeno è considerato il primo risultato. Ma la soluzione migliore potrebbe essere anche più semplice: non mettersi mai in situazioni in cui è obbligatorio lavorare con persone terribili. 

Ovvero: Forse la soluzione migliore è trovare solo i collaboratori migliori: se sei criticato per essere troppo gentile o per lavorare troppo duramente, allora trova altri che sono altrettanto gentili e duri come te. Quando le persone cooperative lavorano insieme, finiscono molto meglio delle persone che le criticano“, sostiene Barclay, sempre a fronte dei risultati della sua ricerca.

Lo studio condotto dal professor Barclay conferma almeno che non siamo tutti pazzi a pensare che comportarsi bene si ritorce quasi sempre contro di noi.

Esiste una vera ragione scientificamente convalidata che l’essere troppo buoni a volte può far emergere il peggio nelle persone. Ciò non vuol quindi rinunciare ad essere buoni o sensibili, ma semplicemente fare attenzione a chi si rivolge la nostra gentilezza.