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Che fine ha fatto la sinistra del Movimento 5 Stelle? Analisi di un’illusione

Le più belle favole iniziano con “C’era una volta”, e allora anche questa facciamola partire così. C’era una volta… un’idea abbastanza diffusa che volesse il Movimento 5 Stelle come “la nuova sinistra“. Passassero tutte le indecisioni della scorsa legislatura sulle votazioni a misure storicamente di sinistra (unioni civili, legge sul dopo di noi, legge sul caporalato, investimenti in cultura, etc.), l’alleanza di governo con la Lega ha poi dato un calcio diretto a questa ipotesi, rincarando la dose con politiche che hanno fin qui fatto tramontare definitivamente quello che era il sogno di molti. Ma da dove è venuta questa illusione che li voleva così di sinistra? Soprattutto da alcune figure di peso del Movimento che venivano viste come personalità appartenenti (o derivanti) dagli ambienti e dalle ideologie di sinistra. Su tutte, l’attuale presidente della camera Roberto Fico.

Favorevole all’introduzione dello Ius soli quando il suo partito decideva di astenersi, favorevole alle unioni civili quando il partito decideva di sfilarsi, contrario alle cariche con gli idranti contro i migranti a piazza Indipendenza a Roma quando il Movimento stava invece col prefetto, contrario alla difesa della sindaca di Roma Virginia Raggi della quale invece Di Maio si incaricò, favorevole alla linea sui migranti portata avanti da Gino Strada ed Erri De Luca, contrario invece a quella di Marco Minniti prima e di Salvini poi (Di Maio, ovviamente, ha appoggiato entrambe), avverso alle “interviste vippaiole” dell’allora vicepresidente della Camera, contrarissimo all’accordo con la Lega (“Dio ce ne scampi”, è il virgolettato)… Ed eccolo qua.

Dovesse mai uscire dai Cinque stelle, potrebbe confluire in qualche altro neo movimento fondato da Bersani, o da Civati, visto l’amore che nutrono per lui. Insomma, Roberto Fico, oggi terza carica dello Stato, è stato come tutto il Movimento solo un’illusione ottica di certa sinistra. Con parole di spregio verso il mondo cattivo di Salvini e di Orbán, appare perfetto a incarnare il ruolo cui lo chiamano la tradizione, il copione della Casaleggio Associati, il sistema mediatico e qualche speranza della sinistra: il possibile leader dei ribelli, l’agitatore di fronde, l’incarnatore della differenza interna all’altrimenti monolitico gialloverde al governo.

Più di Di Battista, forse, su cui pesa un papà “fascista” (come si è autodefinito Vittorio Di Battista) e una lontananza ormai chilometrica dall’Italia (tutta studiata, si sa, per preparare il grande rientro del post Di Maio). Peccato che poi, appena si faccia più sul serio, le parole di Fico vadano in fumo. “Sono il presidente di tutti gli italiani”, aveva detto nel giorno della sua investitura. Anche se sin qui il suo maggior gesto di rottura ed eco mediatica l’ha fatto salendo su un autobus a Roma (l’85), con una foto palesemente tarocca e la scorta dietro. Finita sul nascere l’esperienza da pendolare di Stato.

Ma questo ha entusiasmato i piddini delusi e quel 3% di Leu, alla caccia di un nuovo leader dopo il fallimento del sempreverde D’Alema e di un innocuo Speranza. La faccenda del “compagno Fico” è complessa nella sinistra. Il PD lo ha invitato persino alla festa dell’Unità di Ravenna (il 3 settembre), perché si sa che una parte del partito strizza ancora l’occhio a un’alleanza salvifica con il Movimento 5 Stelle, perché ancora ci credono che là ci sia un’anima di sinistra. E chi meglio di Fico può rappresentarla?

Ma anche in quell’occasione ha parlato la platea, incuriosita, sì, ma disillusa. La platea che ha votato tre volte Renzi alle primarie e che sembra compatta nel continuare a dire no a un’alleanza con la ditta di Casaleggio. Fico è sempre a metà del guado: contro la Lega, contro la politica sui migranti eppure saldo nel governo, forse aspettando che cada. Insomma, il mito post-ideologico della difesa del bene comune (l’acqua, su tutti) s’è arenato nella casella che faceva comodo, nel progetto della Casaleggio.

Fico è il puro, movimentista, antagonista, vicino ai movimenti di base, sempre sul punto di fare la guerra (poi non la fa mai), coerente ma inerte, torna di moda nel Movimento solo quando c’è l’urgenza di far finta di voler rappresentare anche le istanze della sinistra. A chi gli fa notare la contraddizione, totale, Fico continua a ripetere che “il contratto di governo non è una alleanza”.

Ma tanto tutto era già scritto: il Movimento non è di sinistra. È un apparato che dà colpi al cerchio e alla botte a seconda dell’utilità, vendendo fumo che, per ora, pare piaccia tanto (e ti pare!) a quelli di sinistra che dal PD (ma non solo) sono passati a votare loro.

Poi le favole finiscono, e si torna alla realtà.