C’è qualcosa di al tempo stesso semplice e diabolico nella politica italiana. Tocca gli interessi, il portafogli, e anche un moribondo correrà i 100 metri piani sotto i dieci secondi. Sta accadendo in questi giorni con l’annunciato tetto alla pubblicità Tv, provvedimento che il Movimento 5 Stelle intende far approvare il prima possibile. Da Fiuggi Silvio Berlusconi, tra i rumorosi consensi della platea di Forza Italia organizzata nella città termale da Antonio Tajani, ha detto: «Hanno annunciato misure sui tetti pubblicitari che farebbero chiudere Mediaset il giorno dopo». Il nemico, però, non è tutto il governo, anche se viene definito dall’ex cavaliere «nemico delle imprese e della libertà». La “peste” sono «soprattutto i Cinque Stelle».
C’è un “soprattutto” che non esclude (per il momento) la Lega di Matteo Salvini dalla lista di proscrizione di Berlusconi. Tuttavia, mentre i Pentastellati vanno fieri dell’attacco di Silvio Berlusconi, Matteo Salvini fa finta di non avere sentito. La sua è una strategia sicuramente meno ingenua di quella M5S. Salvini, rimasto senza soldi dopo l’accordo con la Procura di Genova sul sequestro dei conti della Lega, ha bisogno di Silvio Berlusconi e soprattutto di Mediaset. Prove di riconciliazione per il Centrodestra, insomma, in nome della “roba” come direbbero a sinistra ma come non dice (e non vede) per il momento il Movimento 5 Stelle.
Non crediamo sia solo a causa del massimalismo, o meglio, del messianesimo con cui vivono ogni loro battaglia che i Pentastellati non vedano il rischio di elezioni anticipate a breve termine. Già, perché se abbiamo invece ben capito la strategia di Matteo Salvini, il leader leghista ha in mano le carte per ricompattare l’alleanza con Berlusconi e far pagare lo scotto del fallimento del governo Conte al solo Di Maio. Oltre alle questioni economiche, dalla “pace fiscale” alla Flat tax, c’è appunto il nodo del tetto alla pubblicità Tv, vitale per Mediaset. Ha voglia il sottosegretario Viti Crimi, che ha la delega all’editoria, ad affermare di voler ridistribuire «le risorse in base a logiche che garantiscano il pluralismo e attenuino le posizioni dominanti, ma senza intenti punitivi nei confronti delle imprese». Ci credono in pochi e soprattutto non ci credono Berlusconi e Salvini. Di Maio vorrebbe anche combattere gli editori “impuri” e farla finita con la commistione tra partecipate pubbliche e giornali, che “mangiano” milioni di pubblicità ogni anno. Da questa operazione, paradossalmente, Mediaset potrebbe guadagnarci. Ma il sospetto è che il Movimento 5 Stelle voglia invece un provvedimento di bandiera sul tetto alla pubblicità Tv che, giocoforza, sarebbe punitivo per Mediaset.
Ancora Crimi: «La questione non è nuova, è al centro del dibattito da almeno 30 anni e non riguarda uno specifico soggetto imprenditoriale come qualcuno ha immaginato nel dibattito giornalistico». Già, però basterebbe leggersi i bilanci delle aziende televisive italiane per capire che se si parla di tetto a pagarne le conseguenze peggiori sarà un unico soggetto privato, vale a dire Mediaset. Salvini si è affrettato a dire che non ha mai parlato ancora con nessuno di tetti alla pubblicità Tv: «Né al governo né con Berlusconi» ha dichiarato a margine della festa per i 140 anni de Il Messaggero. Insomma, la lite sul provvedimento “ammazza Mediaset” sarebbe una fantasiosa ricostruzione dei soliti retroscenisti. Eppure, e con noi molti altri, siamo convinti che ne risentiremo parlare molto presto. E che sarà fatale per l’alleanza gialloverde oltre che decisiva per il mutamento dello scenario politico nel breve periodo.