Chiamatelo genio. Parliamo di Mario Draghi, l’uomo che più di tutti, con senso istituzionale e nei limiti del suo incarico, ha salvato l’Italia dal baratro. Ora, però, studia una nuova mossa che potrebbe cambiare per sempre l’economia europea. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, starebbe preparando un’altra rivoluzione: l’avvio di una nuova stagione di fusioni e acquisizioni tra banche europee. Non solo, il presidente si prepara anche ad alzare i tassi: in questo senso è stata letta la dichiarazione dell’ex governatore di Banca d’Italia circa la ripresa “relativamente vigorosa” in atto dell’inflazione sottostante in uno scenario di espansione economica.
Del resto che “Supermario” fosse intenzionato, dopo aver posto fine al quantitative easing (a fine anno), a passare le consegne, nell’ottobre del prossimo anno, con tassi non più sui minimi storici era apparso chiaro già da mesi, l’unica incertezza essendo sui tempi e sui modi dei futuri rialzi.
In Germania i bassi tassi non hanno certo aiutato Commerzbank e Deutsche Bank a lasciarsi rapidamente dietro le spalle la crisi, anzi. Tuttora il Ceo di Deutsche Bank, Christian Sewing, pur aprendo all’ipotesi di tornare a considerare operazioni straordinarie nei prossimi 18 mesi ha ribadito che prima la banca dovrà finire di “fare i compiti” e tornare pienamente redditizia. Secondo alcuni potrebbe significare l’ennesimo aumento di capitale in arrivo, in vista proprio di una fusione tutta tedesca, un’ipotesi che fino a poco tempo fa era considerata poco probabile se non altro per la difficoltà, dal punto di vista politico, di gestire nuove migliaia di esuberi.
Piuttosto, ragionavano gli esperti delle banche d’investimento, a rilevare Commerzbank avrebbero potuto essere (e ancora potrebbero essere) altri colossi europei come Credit Agricole o Unicredit. Ma la difficoltà con cui sta procedendo l’unione bancaria in Europa rende le fusioni transfrontaliere ancora poco probabili in Europa, nonostante la pressione crescente delle autorità perché nascano dei “campioni europei” in grado di “risolvere il problema della capacità bancaria di fare utili” e competere con le grandi banche statunitensi e asiatiche.
Così è verosimile che alla fine Deutsche Bank, magari dopo un ulteriore, ennesimo, aumento di capitale per pulire definitivamente i bilanci dei derivati lasciati in eredità dal predecessore di Sewing, Josef Ackermann, si faccia avanti per Commerzbank. A quel punto Unicredit potrebbe definitivamente fare rotta verso Societe Generale, vecchia conoscenza di Jean Pierre Mustier che secondo alcuni starebbe tornando a comprare Btp italiani non solo e non tanto perché i rendimenti sono risaliti e rendono tali titoli un buon investimento per impiegare la liquidità, ma anche per ingraziarsi il governo italiano, senza il cui avvallo ogni matrimonio italo-francese sarebbe improponibile.
L’ipotesi piace al broker americano Keefe, Bryette & Woods che in un report sottolinea come Mustier appaia il manager adatto a pilotare una fusione transnazionale tra due gruppi di dimensioni simili (31 miliardi di capitalizzazioni Unicredit, 30,5 miliardi Societe Generale) e che potrebbe portare ad un ulteriore abbassamento del costo del funding per il gruppo italiano, incrementandone la redditività. Questo, ovviamente, sempre che la Bce ammorbidisca le sue richieste nei confronti del gruppo italiano, con cui è apparsa in questi anni particolarmente rigorosa, ma la cosa non sembrerebbe inverosimile se in parallelo arrivasse il via libera alla fusione “tutta tedesca”.
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