L’Europa ha spostato da tempo il proprio cannocchiale verso il Bel Paese, osservando con un misto di fibrillazione e sana paura quanto sta accadendo in questi ultimi mesi all’interno dei nostri confini. Con un conto alla rovescia che continua a marciare inesorabile, quello che separa il governo Conte da una manovra che ha già fatto e continuerà a far discutere, a maggior ragione dopo i festosi annunci fatti da Di Maio e Salvini sull’intesa raggiunta al 2.4% sul rapporto deficiti/pil. Ci guarda il mondo della finanza, ci guardano tanti paesi che dell’Unione fanno parte come noi e si chiedono cosa succederà ora all’interno dei nostri confini. L’italia, d’altronde, è la terza economia per importanza tra quelle dell’Eurozona, dopo Germania e Francia. Ma il nostro sistema bancario è considerato fragile, dopo un ventennio in cui il nostro Paese ha fatto pochi, preziosi passi avanti.
Aggiungete al mix la determinazione con cui il governo gialloverde si dice pronto a sfidare i diktat economici dell’Unione Europea e il cocktail è presto servito, composta da una buona dosa di preoccupazione e speranze, nel resto degli stati membri, in una riconciliazione che pare ormai utopia. Se lo chiede il Guardian, testata inglese che in piena discussione sulla Brexit ha dedicato al nostro Paese un approfondimento in cui si chiede le conseguenze delle decisioni di Lega e Cinque Stelle sullo sforamento del pil, una linea che nelle intenzioni della maggioranza dovrebbe proseguire fino al 2010. Un piano che, secondo il giornale britannico, è stato pensato per bilanciare i pessimi risultati della politica monetaria italiana degli ultimi anni, stretta tra bassi tassi di interesse e un programma di creazione di nuova moneta (all’insegna della cosiddetta “facilitazione quantitativa”) che ha penalizzato il nostro Paese più di altri.
Un piano, però, destinato a scontarsi non solo con le istituzioni europee, alle quali Salvini e Di Maio hanno già mostrato i muscoli, ma anche e soprattutto con i mercati. Le banche italiane sono state grandi acquirenti dei bond venduti dal governo e rischiano di finire in una posizione pericolante qualora questi ultimi vedano precipitare il loro valore. La paura, allora, è l’innescarsi di un circolo vizioso fatto di crescita debole, deficit in aumento, bond a picco e crisi degli istituti bancari. Le conseguenze arriverebbero anche al di fuori dell’Italia, considerando come le banche di altri paesi, come la Francia, detengano una bella fetta del debito pubblico italiano. Uno scenario certamente apocalittico ma che prende forma, nella penna di chi osserva il Bel Paese, soprattutto per la “poca ragionevolezza mostrata da un governo che sembra intenzionato ad andare allo scontro con l’Ue a tutti i costi, più interessato al proprio consenso che al futuro dei cittadini”.
Cornuti e mazziati, manovra: perché a rischiare non è il governo ma i risparmiatori…