La vita delle persone è stata fortemente influenzata e modificata dalla diffusione massiva di internet, in molti dei suoi aspetti. Basti pensare all’uso dei social network, alla rapidità con cui si accede alle notizie più aggiornate, alla comunicazione, al modo di fare acquisti. Come tutti i mutamenti, ciò ha determinato effetti positivi, come l’accessibilità e la praticità che questo canale permette, ma anche aspetti negativi, come una tendenza eccessiva all’isolamento che la dipendenza dalla realtà virtuale porta con sé.
Un mondo che in questo processo è stato fortemente trasformato è sicuramente quello del turismo, che rappresenta in Italia una fonte di guadagno molto importante dell’economia nazionale.
Al posto di dirigersi in qualche datata agenzia di viaggio, è sufficiente navigare un po’ in internet per trovarsi davanti ad un numero sterminato di offerte relative a voli aerei, alberghi o case vacanze. Il vantaggio di poter pianificare e acquistare tutto ciò senza uscire di casa è ovviamente molto apprezzabile; in aggiunta, la grande concorrenza permette spesso un sensibile risparmio rispetto al passato.
Uno dei siti più utilizzati per prenotare case vacanze è Airbnb, sul quale gli utenti possono mettere in affitto case o stanze per brevi periodi. Il portale è molto curato, ricco di informazioni su ogni sistemazione, foto e recensioni.
Quale sarebbe in questo caso il lato negativo? Ne ha parlato recentemente il ministro del Turismo Gian Marco Centinaio, denunciando una pratica molto diffusa nel mondo del turismo online, ovvero la scarsità di regole e controlli sulla regolarità dei pagamenti fiscali e di conseguenza una massiccia evasione. Nel 2017 invece degli attesi 83 milioni di tasse ne sono stati pagati solo 19.
Per ovviare a questo grave problema, il ministro ha proposto di introdurre per siti come Airbnb un codice identificativo di riconoscimento per ogni utente che pubblica annunci relativi ad appartamenti in affitto, come già accade in Inghilterra e in Francia. Per la Lombardia questa proposta si è già trasformata in una delibera, attiva dal 1° settembre. Per chi trasgredirà sono previste multe da 2.500 e 100.000 euro.
All’interno di questo scenario si inserisce il progetto della piattaforma PayTourist, nata proprio per contrastare le disparità e la diffusa illegalità all’interno del mondo del turismo. Anticipando nei tempi le parole del ministro, questo servizio si colloca nella stessa direzione di intervento, volendo semplificare le pratiche di riscossione dell’imposta di soggiorno e uniformarne i criteri di applicazione.
La tassa di soggiorno, applicata in molte città italiane, è infatti caratterizzata da una normativa molto variabile a livello locale e anche fra le diverse tipologie di strutture ricettive, come per esempio fra alberghi e case vacanza, di cui Airbnb abbonda. L’ammontare della tassa viene spesso associata per gli alberghi al numero di stelle, di cui non sono dotati però gli appartamenti in affitto. Questa mancanza di omogeneità genera ovviamente confusione e difficoltà nei controlli fiscali, andando a incrementare il dannoso fenomeno dell’evasione.
Con PayTourist quindi la tecnologia viene in soccorso di se stessa, confluendo nella direzione indicata dal governo in materia di lotta all’evasione e di promozione di un mercato del turismo più controllato, redditizio e sano.