Il governo costretto alle grandi manovre per evitare di perdere la faccia nella sfida all’Europa. E, sopratutto, di trascinare nel baratro le banche italiane, tra le prime a risentire del clima di generale sfiducia nei confronti del Bel Paese con lo spread che continua a rimanere al di sopra dei livelli di guardia. Ecco allora defilarsi all’orizzonte la possibilità di fusioni per gli istituti italiani, che rischiano di trovarsi alle prese con un patrimonio eroso dalla crescita costante del differenziale. Un’ipotesi che è stata suggerita dal sito Affari Italiani e che partirebbe da Mps, stando alle voci.
L’idea sulla quale si starebbero confrontando gli esponenti dell’esecutivo gialloverde sembra essere quella di procedere con ricapitalizzazioni nell’ambito di schemi di fusione tra istituti di seconda fila. D’altronde negli ultimi 6 mesi le banche di Piazza Affari hanno perso circa 40 miliardi di capitalizzazione e gli operatori hanno iniziato prima dei politici a prezzare lo scenario aumenti di capitale. Già l’8 ottobre il Credit Suisse scriveva che uno spread sovrano superiore a 400 non sarebbe stato sostenibile per le banche italiane e avrebbe fatto scattare gli aumenti.
La Repubblica scrive di un governo che sarà chiamato a breve a decidere sulle sorti del Monte dei Paschi di Siena: l’obiettivo potrebbe essere quello di diluire il 68% di partecipazione dentro una banca scelta più grande per far nascere il terzo gruppo italiano, nel rispetto dell’impegno di riprivatizzare l’istituto senese nel 2021.
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